La collaborazione, sempre più stretta, tra il settore pubblico e quello privato è per gli esperti mondiali una delle chiavi per difendere, nel modo più efficace, il know how nazionale e gli asset strategici di ogni Paese dalle crescenti minacce cibernetiche. E in un mondo sempre più interconnesso, questa sfida anche italiana, quella della cyber sicurezza, ha evidenziato il ministro dell’Interno Angelino Alfano, non può essere delegata solo allo Stato, ma necessità del supporto di tutti.
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IL MONDO ACCADEMICO…
È stato questo il filo conduttore della serata di mercoledì scorso, quando il titolare del dicastero del Viminale è intervenuto all’inaugurazione del Centro in Business Transformation promosso da Luiss Business School (diretta da Paolo Boccardelli), in collaborazione con Ernst&Young e IBM, e alla contestuale presentazione di un piano di ricerca realizzato dal centro con Formiche. Un progetto di analisi e policy che sarà rivolto proprio al mondo delle imprese “con la consapevolezza che la sicurezza dei dati e delle informazioni è una caratteristica imprescindibile per ogni business che ha una dimensione digitale”.
LE PAROLE DI ALFANO
“Oggi più che mai – ha detto nel suo discorso il ministro Alfano – con la minaccia del terrorismo e l’uso pervasivo dei dati personali diventa più che mai cruciale investire in nuovi processi di scambio e di ricerca delle informazioni e collaborare tra istituzioni a livello globale. La sicurezza dei dati, infatti, non è solo un elemento fondante della costruzione del processo di digitalizzazione del Sistema Paese ma anche uno strumento importantissimo per la difesa di ciascun cittadino di questo mondo”. “Ben venga, dunque – ha concluso il ministro dell’Interno – un nuovo centro di studi che supporti il processo di ricerca e di sviluppo della sicurezza dei dati, individuando nuove soluzioni sia per la tutela dei singoli individui sia per la crescita delle aziende impegnate sul tema”.
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I NUMERI DEL FENOMENO
Alla presenza del rettore della Luiss Massimo Egidi, di addetti ai lavori, dirigenti di aziende pubbliche e private (anche di interesse nazionale come Poste, Snam, Sogei, Eni, Enel, Cdp e Autostrade), rappresentanti istituzionali e giornalisti, durante la serata si sono snocciolati un po’ di dati, che danno la dimensione del fenomeno. Sono 875 i milioni di dollari di perdite dirette che ogni anno, secondo il rapporto Unicri sul cybercrime del 2014, vengono bruciati in Italia; 8,5 i miliardi (0,6% del Pil) di danni di immagine, reputazione, costi di recovery e perdita di business; 9 i miliardi di dollari spesi per la perdita di dati sensibili; e 14,1 i miliardi di dollari di perdite da interruzioni operative dei sistemi. Numeri che si allargano a dismisura se si tiene conto del resto del mondo.
LA CULTURA DELLA SICUREZZA
A fronte di questo nuovo scenario dato dalla digital trasformation che, si è rimarcato, “porta con sé grandi cambiamenti – tecnologici, culturali, organizzativi – che impattano non solo sul mondo aziendale e sociale ma sull’intero ecosistema che nasce dall’incontro di questi due mondi”, il centro di occuperà di quattro principali temi – big data analytics, Internet delle cose e cognitive intelligence, cloud revolution e cyber security -, provando ad aprire un nuovo canale di discussione tra mondo pubblico e privato.
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IL NODO DELLA COMUNICAZIONE
Questi due mondi, ha rilevato Roberto Sgalla, direttore centrale delle specialità della Polizia di Stato (compresa quella Postale) devono parlarsi di più, perché questo consente “da un lato alle forze di polizia di svolgere meglio il proprio lavoro e dall’altro alle imprese di essere più protette”. A questo proposito, ha aggiunto, sarebbe importante riflettere seriamente sull’introduzione, anche in Italia, di una norma “che renda obbligatoria per i soggetti privati la comunicazione allo Stato degli attacchi cibernetici subiti”.