È di almeno 65 morti e oltre duecento feriti il bilancio dell’attentato che ha colpito un parco pubblico di Lahore, in Pakistan.
L’esplosione è avventa al Gulshan-e-Iqbal Park, ritrovo popolare in un quartiere residenziale, dove molte persone si erano radunate per passare la giornata nel parco, ricco di attrazioni e spazi per bambini. Diversi dei testimoni sentiti dai media sul posto raccontano di essersi recati al parco per festeggiare la Pasqua. Soccorsi e ricerche sono ancora in corso. Dettagli macabri accompagnano le testimonianze dell’esplosione che pare abbia avuto dimensioni molto grosse: diversi bambini tra le vittime, dato che l’attentatore si sarebbe fatto esplodere nei pressi dei giochi all’aperto.
Jamaat-e-Ahrar, una fazione scissionista dei talebani pakistani, ha rivendicato la responsabilità per l’esplosione. Il suo portavoce, Ehsanullah Ehsan, ha detto che i cristiani erano il bersaglio dell’attacco. In un messaggio inviato al New York Times Ehsan ha spiegato che colpire Lahore è stato anche un avvisto verso il governo “che non deve sentirsi al sicuro nemmeno nella sua roccaforte”. Mentre il governo pakistano continua a sostenere che i cristiani non erano il target predefinito: i funzionari della polizia ritengono piuttosto che l’attaco sia stato pensato per colpire un “bersaglio morbido”, donne e bambini innocenti e “visitatori provenienti da altre città”.
Lahore è la principale città del Punjab, la più grande e ricca provincia pakistana, base politica del primo ministro Nawaz Sharif. Il paese è particolarmente impegnato nella lotta contro i ribelli talebani, che hanno intrecciato le proprie istanze radicali con al Qaeda. Dal 2014 è in corso una campagna militare lanciata dal governo soprattutto nelle zone del Nord Waziristan, aree tribali al confine con l’Afghanistan che fungono da protezione per i combattenti estremisti.
L’attentanto di domenica ha coinciso con le proteste di aree socio-politiche radicali avvenute in diverse altre parti del paese, compreso nella capitale Islamabad. Ci sono stati scontri tra manifestanti e polizia in occasione del quarantesimo giorno dall’esecuzione di Malik Mumtaz Hussain, condannato a morte il 29 febbraio per aver ucciso Salman Taseer (l’occasione era la fine di un periodo di lutto tradizionale che si chiama Chaliswan). Taseer, un governatore del Punjab, aveva intrapreso una campagna per riformare le punizioni per i reati di blasfemia, spesso usate per punire le minoranze religiose che aveva mosso lo scontento delle posizioni più integraliste.