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Chi sono i responsabili della strage in Pakistan

Domenica un attacco terroristico ha colpito un parco giochi all’aperto molto frequentato in una zona residenziale  di Lahore, in Pakistan. I morti sono una settantina (ma il bilancio non è ancora definitivo) e 300 i feriti, tra le vittime molti bambini.

I CRISTIANI COME OBIETTIVO

Poche ore dopo, il gruppo Jamaat-ul-Ahrar attraverso il suo portavoce Ehsanullah Ehsan ha rivendicato l’azione: un attentatore suicida imbottito di esplosivo si è fatto saltare per colpire i cristiani che si trovavano nel parco a festeggiare la Pasqua. Il governo pachistano ha negato che l’attentato avesse la discriminante religiosa come obiettivo, tuttavia non è la prima volta che la minoranza religiosa cristiana (2% della popolazione) viene colpita in Pakistan. Nel 2013 un kamikaze s’è fatto saltare nella chiesa di Ognissanti a Peshawar procurando 75 morti, mentre nel marzo del 2015 altre 15 persone furono uccise da attentati suicidi in una chiesa di Lahore compiuti proprio da Jamaat-ul-Arhar.

La realtà frammentaria dei talebani pakistani ha portato nel tempo diversi gruppi a muoversi indipendentemente, cercando di massimizzare gli effetti degli attacchi per rendersi più attrattivi verso i proseliti. In quest’ottica si può inquadrare l’azione di domenica: un obiettivo facile da colpire, un parco giochi poco protetto e pieno di civili, in cui il simbolismo raddoppia se si considera che gli stessi erano cristiani intenti a festeggiare la più sacra delle festività, la Pasqua.

I TALEBANI PAKISTANI

La fazione è nata nell’agosto del 2014 per distinguersi dal gruppo centrale dei talebani pachistani, il Therik i Taliban Pakistan (TTP) ed è guidata da Omar Khalid Khorosani (già capo di un altro gruppo separatista, Arhar-ul-Hind e studioso qaedista, con forte legami con l’organizzazione globale di Ayman al Zawahiri). Il TTP è una sorta di organizzazione ombrello, che racchiude all’interno vari gruppi, che hanno spesso rapporti conflittuali. Diversi sono entrati in competizione di potere dopo che nel novembre 2013 un drone statunitense uccise Hakimullah Mehsud, capo storico del TTP. Battaglie fratricide hanno accompagnato la transizione del potere nelle mani del successore Maulana Fazullah, noto come “Radio Mullah”. Da questi scontri è nato il Jamaat-ul-Arhar, che ha una linea più intransigente e si oppone alle volontà di Fazullah e di altre fazioni di partecipare ai negoziati di pace con il governo di Islamabad e Kabul. Tra i motivi di divisione, anche la visione ristretta che secondo Khorosani aveva Fazullah, il quale era interessato al controllo soltanto delle aree tribali, mentre invece il TTP avrebbe dovuto puntare all’istituzione di un emirato nel Pakistan e nell’intera regione.

AF/PK

I talebani hanno basi a cavallo delle aree tribali di confine tra Pakistan e Afghanistan (Af/Pk) e sono vagamente alleati, condividono la linea dura, ma gli interessi sono diversi: i gruppi afghani sono più territoriali e nazionalisti, mentre quelli pakistani hanno una dimensione più ideologizzata, si mescolano con al Qaeda, e spesso sono stati usati dai servizi segreti locali per “i lavori sporchi”.

LA REUNION

Dal marzo 2015, il gruppo scissionista guidato da Khalid Khorosani, ha però ricongiunto le sue sorti con quelle degli altri ribelli talebani, secondo un vecchio articolo di Reuters per non rischiare di “rimanere isolato”, perché da un lato pressava l’operazione militare di repressione lanciata dal governo pakistano (e sostenuta dall’Occidente, in primis dagli USA, ma anche da alcuni paesi europei) e dall’altro i fratelli afghani non erano troppo disposti a fornire sostegno.

LINK CON LO STATO ISLAMICO?

Nel momento della divisione, si discutesse anche del fatto che Jammat-ul-Arhar lo avesse fatto mostrando fedeltà allo Stato islamico. Lo stesso portavoce Ehsan, quello che domenica s’è fatto intervistare dai più importanti media internazionali, aveva espresso ammirazione per l’opera del Califfo, una circostanza inusuale per i talebani che invece considerano, come al Qaeda, Amir al Muminin, capo dei credenti, il defunto Mullah Omar. Questa delle deviazioni di gruppi pakistani, afghani e in generale della regione geografica del Khorosan (l’area di confine tra Afghanistan, Pakistan e Iran) verso le istanze del Califfato è uno dei  grandi temi geopolitici del jihad globale. Per il momento però non ci sono elementi solidi per tracciare una linea tra la vicenda di Lahore e l’Isis.


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