Una storica traversata dell’Atlantico quella compiuta dell’Intrepid: 3.800 miglia dal terminal americano di Marcus Hook, vicino a Philadelphia, fino a quello di Rafnes, in Norvegia. Non c’era un record temporale da infrangere, ma la particolarità del viaggio era tutta nel contenuto della mastodontica nave lunga 180 metri: 27.500 metri cubi di gas di scisto estratti in Usa ed esportati per la prima volta in Europa.
Una vera rivoluzione per il mercato globale dell’energia. Il gas di scisto viene liquefatto e conservato a una temperatura di meno 90°, in questo modo può essere stoccato dentro grandi navi come l’Intrepid ed essere trasportato nel mondo senza aver bisogno di lunghi gasdotti.
E l’Ineos, grande azienda petrolchimica britannica, sfrutta proprio questa tecnologia di stoccaggio e trasporto. Quando qualche anno fa l’impresa ha iniziato a convertire i suoi impianti, tra cui quello di Rafnes, il progetto sembrava quasi senza senso: sotto il Mare del Nord ci sono grandi giacimenti di gas, era difficile credere che importare idrocarburi dall’altra costa dell’Atlantico potesse essere meno costoso che estrarli da sotto i propri piedi; nessuno, come ricorda Magnar Bakke, il direttore del sito norvegese, immaginava che il metano potesse venir importato dagli Usa. «Sembrava un’idea folle», aggiunge David Thompson, uno dei dirigenti di Ineos, ma ora è realtà.
Il 23 marzo scorso, quando l’Intrepid ha terminato la traversata atlantica col suo primo carico di etano, il presidente e fondatore di Ineos Jim Ratcliffe ha sottolineato come quello fosse “un giorno importante per Ineos e l’Europa. Sappiamo come lo shale gas abbia rivitalizzato l’economia e l’industria manifatturiera degli Stati Uniti e ora, per la prima volta, anche l’Europa ha accesso a questa importante fonte d’energia e di materia prima”. Il carico d’etano approdato a Rafnes, infatti, sarà utilizzato dall’industria dei polimeri per la produzione di materiale plastico.
L’azienda britannica ha investito 1,8 miliardi di euro per questo progetto e la sua concretizzazione è stata rapida, pensato nel 2010 e avviato nel 2013, quando gli Stati Uniti erano ancora importatori di idrocarburi. Tre anni fa Ratcliffe ha messo alle strette i suoi dipendenti: il futuro della società era a rischio, il sito di Rafnes stava diminuendo la propria operatività, mentre quello di Grangemouth, in Scozia, era temporaneamente fermo. Estrarre gas dai giacimenti del Mare del Nord era sempre più complicato e costoso, così a Ratcliffe è venuta l’intuizione dello shale gas americano. I suoi dipendenti hanno accettato una riduzione di stipendio e lui ha rivoluzionato il mercato dell’energia mondiale aprendo l’importazione di gas di scisto americano in Europa. Dopo la prima fornitura arrivata a Rafnes, nella seconda metà dell’anno anche il terminal di Grangemouth sarà operativo.
“Gli Stati Uniti avranno una capacità di esportazione di 57 milioni di tonnellate di gas all’anno da qui al 2020”, prevede Stephen O’Rourke, direttore delle ricerche della società di consulenza Wood Mackenzie, spiegando che la produzione mondiale è ora pari a 250 milioni di tonnellate, quindi grazie al gas di scisto gli Usa sono pronti a mettere sul mercato una quota aggiuntiva del 25%. Secondo l’esperto le importazioni di gas liquefatto in Europa sono destinate a triplicare nei prossimi quattro anni, ma l’impatto maggiore è quello sui prezzi (non a caso c’è stato un crollo delle quotazioni) e sulla geografia delle importazioni, con il Vecchio continente ora legato alle forniture della Russia di Vladimir Putin. Il prezzo del petrolio ai minimi degli ultimi dieci anni non spaventa Ratcliffe, che spiega come il business sia redditizio con il greggio a 30 dollari al barile.
(Pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)