Rcs capitalizza meno della metà dei suoi debiti, ovvero 220 milioni di euro circa (il valore della società in Borsa) rispetto a circa 480 milioni di debiti.
Questi due numerini andrebbero tenuti presente per seguire meglio la diatriba tra lo scalpitante Urbano Cairo che ha lanciato un’Offerta pubblica di scambio (Ops) – quindi carta contro carta, niente soldi in circolo – sul 100% Rcs Mediagroup, la casa editrice che pubblica tra gli altri il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport. Due numerini pare ricordati sempre in questi giorni sotto voce dall’editore de La 7, che al momento ha il 4,6% di Rcs, a chi gli fa notare che la sua Ops non è troppo generosa.
I NUMERI E LA DIATRIBA
Per questo, pur avendo dalla sua parte il socio Intesa che ha il 4,2& di Rcs (non solo perché advisor dell’operazione è Banca Imi del gruppo Intesa), gli altri soci al momento – che sono stati snobbati da Cairo nel lancio dell’Offerta, come ha ricostruito Federico Fornaro su Formiche.net – stanno affilando le armi oltre a borbottare non poco per modi, tempi e prezzo della mossa dell’editore, pubblicitario e proprietario del Torino calcio. I soci mugugnanti dicono in sostanza che il prezzo non è congruo: l’Ops lanciata da Cairo valorizza il titolo Rcs 0,551 euro, circa il 20% in più della chiusura di venerdì scorso (0,455 euro), ma la media dell’ultimo mese – si fa notare ad esempio a Piazzetta Cuccia, sede di Mediobanca – la media dell’ultimo mese è di 0,5 e che a gennaio scorso le azioni venivano scambiate oltre 0,6 euro.
COSA DICONO I SOCI SBUFFANTI
Scrive oggi Giovanni Pons di Repubblica: “Da Piazzetta Cuccia fanno sapere che «l’offerta non viene considerata congrua nè sul lato del capitale nè sul lato del debito. Dunque Mediobanca con il suo 6,5% non aderirà all’Ops». Più o meno la stessa posizione si raccoglie dagli ambienti vicini a UnipolSai, che definiscono il prezzo dell’offerta di Cairo «troppo basso per essere considerato valido». Si fa comunque presente che non esistono barriere ideologiche né un pregiudizio nei confronti di Cairo, considerato un buon imprenditore ma con il difetto di essersi lanciato in un’impresa più grossa di lui”.
I CONFRONTI DEL SOLE
Ma l’Offerta di Cairo valorizza o no la Rizzoli? A questa domanda risponde (titolo: “Via Solferino valutata 15 volte il Mol”) così il Sole 24 Ore di oggi: “Cairo Communication vale in Borsa 360 milioni ossia circa 20 volte l’ebitda 2015 pari a 17,6 milioni. Tuttavia – scrive Laura Galvagni del Sole – se a quei 360 milioni togliamo i 125 milioni di cassa che ha la società la valorizzazione è pari a 13 volte il margine operativo lordo. Esattamente quanto tratta Rcs che vale in Borsa 217 milioni e che ha chiuso il bilancio 2015 con un margine di 16,4 milioni post oneri (71,8 milioni ante oneri). In aggiunta, però, Rcs ha 487 milioni di debiti. E, peraltro, l’offerta promossa da Cairo valorizza ogni titolo del gruppo 0,551 euro, ossia circa 260 milioni (più o meno 15 volte l’ebitda post oneri del 2015 e 4 volte l’ebitda pre oneri)”.
GLI UMORI POSITIVI DI CAIRO
Eppure, secondo alcune indiscrezioni raccolte da Formiche.net, Cairo si dice ottimista sul fatto che alla fine con gli altri soci sbuffanti si possa trovare un accordo. D’altronde, pare abbia detto Cairo a chi lo ha sentito in queste ore, lui ora può contare già su una massa del 15 per cento del capitale di Rcs grazie a molti soci e fondi azionisti del gruppo di via Solferino che sono filo Cairo.
I SOSTEGNI TORINESI
L’editore va professando ottimismo anche perché dalla sua sente di avere personalità di peso non solo bancario. A Torino c’è chi assicura che non soltanto ai piani alti del gruppo bancario presieduto da Giovanni Bazoli e guidato dall’ad, Carlo Messina, si veda con favore l’azione di Cairo per garantire un futuro meno traballante ai conti e alle prospettive del gruppo Rcs ma che le mosse dell’editore torinese hanno ricevuto il sostegno di uomini di punta della Compagnia di San Paolo, la fondazione bancaria azionista di Intesa.