L’agenda presentata dal Presidente Monti – definita dallo stesso autore “Primo contributo ad una riflessione aperta” – merita una lettura molto approfondita, non solo per i contenuti ben esplicitati e ampiamente trattati, ma anche per alcuni temi che, pur accennati, rimangono invece ancora sullo sfondo, nonostante rivestano una grande rilevanza politica, come ad esempio quello del prelievo fiscale sui grandi patrimoni.
Soffermandoci ora sul paragrafo dal titolo “Rivitalizzare la vocazione industriale dell’Italia”, bisogna subito osservare che in esso, accanto a un’analisi molto preoccupata del reale stato della nostra manifattura nello scenario competitivo internazionale, si avanzano alcune proposte per il suo rilancio in parte subito condivisibili e in parte, al contrario, bisognose, a parere di chi scrive, di ulteriori approfondimenti.
Condivisibili sono infatti: 1) l’esigenza di favorire la crescita dimensionale delle Pmi italiane con specifiche misure fiscali; 2) la necessità di abbatterne il costo dell’energia; 3) l’urgenza di favorire il loro accesso al mercato dei capitali di investimento. Le misure proposte per il raggiungimento di tali obiettivi in linea di massima risultano persuasive, salvo poi verificare nei futuri articolati legislativi come si tradurranno in provvedimenti concreti, con quali risorse e in quali tempi per la loro possibile fruibilità.
Risulta assente, invece, un’analisi del ruolo assolto nel Paese e all’estero dai grandi gruppi nazionali, della loro presenza nell’Italia meridionale – ove coprono segmenti strategici della manifattura italiana – e della funzione trainante che la grande industria ancora a controllo pubblico può e deve continuare a svolgere in comparti assolutamente determinanti per la crescita del Paese. Un’assenza di analisi forse giustificata da una qualche sottovalutazione della funzione ricoperta dalle grandi imprese pubbliche e private? Personalmente non lo credo, mentre suppongo che non si sia voluto sottolineare quello che è già di per sé evidente, e cioè che i top player nazionali – pur essendo in numero limitato rispetto a quelli di altri Paesi – dovranno continuare a rivestire la massima importanza nell’economia nazionale.
Interessante appare poi la proposta dell’istituzione di un Fondo per le ristrutturazioni – non meglio definito peraltro nelle sue dimensioni e nelle sue concrete modalità di impiego – che potrebbe intervenire nei tanti casi di imprese investite negli ultimi anni da duri processi di ristrutturazione, dei quali peraltro bisognerà analizzare attentamente l’effettiva natura, non potendosi ovviamente intervenire in tutti i casi di crisi dei comparti più disparati.
Sicuramente condivisibile inoltre è la necessità di rafforzare la presenza delle imprese italiane sui mercati esteri, anche se non sembra sufficiente a tal fine il rilancio del nuovo Ice, essendo invece indispensabile – a parere di chi scrive – l’unificazione delle attività promozionali di Ice, Ministero degli Esteri, Unioncamere e di altri soggetti regionali, pena la dissipazione di risorse notoriamente scarse.
Insomma, come prima base di confronto – almeno per questo specifico paragrafo – l’Agenda Monti è meritevole di grande attenzione e sollecita esplicitazioni, approfondimenti, arricchimenti, integrazioni ed anche alcune correzioni.
E’ auspicabile allora che nessuno si sottragga a questo confronto per il bene dell’industria nazionale.
Federico Pirro
(Università di Bari, centro studi Confindustria Puglia)