Skip to main content

L’editing del genoma, le nuove varietà agroalimentari e la loro regolamentazione

Il recente sviluppo delle tecniche di gene editing (vedi http://formiche.net/2016/03/10/crispr-ovvero-come-ti-modifico-il-genoma/) hanno aperto nuove prospettive per lo sviluppo di varietà di piante di valore agroalimentare.

Gli organismi politici deputati a regolamentare l’applicazione di queste tecnologie dovrebbero interrogarsi in tempo per fornire dei criteri utili per tutelare sia il consumatore sia le industrie che operano nel settore. Questo per evitare il riproporsi di situazioni come quelle che hanno interessato, ad esempio, il nostro paese in tutti questi anni per quanto riguarda gli OGM.

Un esempio di cosa sarebbe corretto fare viene dagli Sati Uniti ed è descritto in un editoriale apparso sull’ultimo numero della rivista Nature.

Il 18 Aprile la US National Academies of Sciences terrà il primo meeting di un comitato sponsorizzato da US Department of Agriculture (USDA) e da due altre agenzie per discutere gli sviluppi prevedibili in campo dei prodotti biotecnologici nei prossimi 5-10 anni. Un coinvolgimento degli scienziati per fornire informazioni ai politici. Si prevede che entro la fine dell’anno la commissione presenterà agli organi competenti le informazioni richieste.

Molto è cambiato in questo settore. Negli ultimi 5 anni la USDA ha registrato una trentina tipi di piante geneticamente modificate, come ad esempio una variante della soia utilizzata per produrre un olio a più lunga conservazione, che non cadono nel suo ambito di sorveglianza. Alcune diqueste sono  prodotte con i nuovi approcci di “gene editing”. Definire gli ambiti di sorveglianza è di fondamentale importanza. L’agenzia ha già stabilito che non controllerà molte delle piante ottenute con i metodi di gene editing come ad esempio CRISPR-cas9. Ad esempio varietà in cui sono state rimosse piccole regioni del genoma contenenti uno specifico gene. Ma le tecnologie di editing permettono anche di operare modificazioni più sofisticate, come ad esempio trasferire in una pianta di interesse agroalimentare varianti geniche presenti in ceppi selvatici presenti in natura. L’orientamento dell’agenzia anche in questi casi sembra essere quello di registrarli ma non di metterli sotto stretta sorveglianza. Ovviamente sono già state avanzate obiezioni nei confronti di queste nuove tecnologie e gli oppositori sostengono che sono ancora troppo nuove per essere sicure e non è escluso che possano avere effetti indesiderati sul genoma.

Gli USA sono sicuramente il paese in cui si ha un maggior impiego di piante geneticamente modificate ma questo è un argomento di cui dovrebbero occuparsi tutti i paese, anche quelli che hanno messo al bando gli OGM. Nel 2015 l’Argentina ha deciso di considerare le nuove varianti caso per caso, l’Australia ha deciso di non regolamentare le piante ottenute per delezione di singoli geni, in Canada vengono regolamentate tutte le varietà con nuove caratteristiche indipendentemente dalla tecnologia impiegata per ottenerle. Si pensa che la EU produrrà entro quest’anno un documento per suggerire di applicare i regolamenti esistenti per gli OGM anche alle piante ottenute con queste nuove tecnologie.

La cosa importante è che, come negli USA, gli enti che si occupano di ricerca (ad esempio il CNR) vengano interpellati in tempo e costantemente in modo da fornire al legislatore gli elementi utili per prendere delle decisioni.

 


×

Iscriviti alla newsletter