Accantonata la complessa operazione di aumento di capitale da 3,5 miliardi, Saipem si prepara ora a premere l’acceleratore sui nuovi contratti e progetti. Importante da questo punto di vista è il recente nuovo contratto, del valore di dirca 200 milioni, che la società guidata da Stefano Cao si è aggiudicata per la parte offshore del progetto Trans Adriatic Pipeline, ossia il gasdotto Tap.
LINEA SPARTIACQUE
Ma l’operazione di aumento di capitale da 3,5 miliardi ha segnato una linea spartiacque nella storia della società di servizi petroliferi che, rimborsando il debito con la controllante Eni per quasi 7 miliardi, ha cominciato a “ballare da sola” dal punto di vista finanziario, spostando così il peso sull’esposizione bancaria. Allo stesso tempo, il colosso petrolifero guidato da Claudio Descalzi, nell’ambito della complessa operazione, ha venduto una parte della propria partecipazione in Saipem pari al 12,5% al Fondo strategico italiano della Cassa depositi e prestiti (che ha pagato profumatamente le azioni Saipem rispetto agli attuali prezzi). Eni è così scesa al 30% della società di servizi petroliferi, deconsolidando in questo modo il debito della controllata e alleggerendosi, in un certo senso, di una zavorra nel proprio bilancio.
L’OPERAZIONE SAIPEM SECONDO ENI
Proprio perché quella su Saipem è stata una operazione di fondamentale importanza anche per Eni, è interessante andare a leggere come il colosso del Cane a sei zampe la racconta all’interno del proprio blancio del 2015. “Nella parte finale del 2015 – si legge nel documento appena depositato – Eni ha definito una complessa transazione finalizzata a ristrutturare l’assetto proprietario della controllata quotata Saipem attraverso l’ingresso nell’azionariato di un nuovo socio di riferimento (Fsi appunto, ndr) e a ottenere il rimborso dei finanziamenti intercompany”, vale a dire da Eni a Saipem. E questo, spiega sempre il bilancio di Eni, con l’obiettivo, da una parte, di “focalizzare le risorse nel core business upstream, reperendo ulteriori fonti finanziarie da investire nello sviluppo delle ingenti risorse minerarie recentemente scoperte”; e, dall’altra, di “rafforzare la struttura patrimoniale considerata la debolezza dello scenario petrolifero”. E’ cosa nota e scontata, infatti, che il crollo delle quotazioni del greggio che ha caratterizzato l’ultimo anno non abbia favorito i conti di bilancio delle società attive nel settore, proprio come Eni e Saipem.
L’IMPATTO DI SOUTH STREAM
Sebbene Eni abbia deciso di tagliare il cordone ombelicale che la univa a Saipem e di scendere al 30% del capitale, il gruppo del Cane a sei zampe vuole guardare con ottimismo al futuro della società. Saipem, si legge nel bilancio di Eni, “ha un grande e diversificato portafoglio ordini con buona esposizione ai progetti in acque ultra-profonde, posa in opera di pipeline in condizioni estreme, importanti e complessi progetti onshore, sfruttando vantaggi competitivi in termini di disponibilità di mezzi tecnologicamente avanzati e competenze distintive”. Eni, tuttavia, è costretta a registrare a bilancio che il portafoglio ordini di Saipem nel 2015 è sceso a 15.846 milioni dai 22.147 di fine 2014, fondamentalmente a causa della cancellazione del contratto South Stream.
DOPPIO IMPATTO SUI CONTI DI ENI
Ma il bilancio di Eni registra anche l’impatto dell’operazione di vendita del 12,5% di Saipem all’Fsi. E si tratta di un impatto positivo e negativo allo stesso tempo. Positivo perché il Fondo strategico ha pagato 8,39 euro per ogni azione Saipem, che oggi in Borsa, dopo l’aumento, vale appena 0,35 euro. Eni quindi vendendo il 12,5% ha realizzato un ottimo affare. Mentre l’impatto negativo è connesso alla stessa causa: col crollo delle azioni Saipem verificatosi in concomitanza con la ricapitalizzazione, il 30% residuo di Eni vale sempre meno. Ancora a gennaio, si scopre dal bilancio del Cane a sei zampe, la partecipazione è stata ulteriormente svalutata di 441 milioni per adeguarla al prezzo di Borsa che nel primo mese del 2016 era appena sopra i 4 euro. E chissà cosa farà Eni nel bilancio del 2016 dal momento che, come detto, oggi un’azione Saipem vale appena 0,35 euro.