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Ecco le discriminazioni pro gay nelle unioni civili alla Cirinnà

Grazie all’ennesimo voto di fiducia (che in questioni  eticamente “sensibili’’ è un atto di prepotenza della maggioranza) la legge Cirinnà sarà approvata nel testo uscito dal Senato. Così le unioni civili diventeranno una forma di matrimonio (con i medesimi diritti) riservata alle persone omosessuali. Sarà così sanata una plurisecolare  discriminazione, come dicono i sostenitori del provvedimento? Diventeremo più moderni ed europei? Ognuno è libero di formarsi in coscienza un’opinione, almeno fino a quando un’eventuale legge sull’omofobia non imporrà una sorta di “pensiero unico’’ in materia. Quando questa legge sarà in vigore saranno ancora più chiare le nuove discriminazioni emergenti, a scapito delle persone eterosessuali che hanno scelto di convivere, magari da anni, e di generare dei figli (a loro sono equiparate le coppie del medesimo sesso che non contraggono unioni civili). Persino il diritto di abitare nella medesima casa di proprietà del de cuis (ovvero nella casa comune) è riconosciuto per un periodo limitato. Al superstite non spetta il relativo trattamento pensionistico, mentre per la riscossione del tfr occorre una disposizione testamentaria. Sempreché si sia provveduto ad un atto di convivenza registrata. Va da sé che, per riconoscere dei diritti, più o meno onerosi, è necessaria una formalizzazione del rapporto. Ma continuiamo a non capire perché si sia voluto istituire un canale particolare per le sole coppie gay.

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Alfio Marchini ha dichiarato che, da sindaco, non celebrerà mai un’unione civile (ovviamente di una coppia gay). Subito è stato accusato di voler violare una legge dello Stato. Il fatto che l’eventuale sindaco si sottragga a questa funzione, non comporta che gli omosessuali romani non potranno convolare a ‘’giuste… unioni civili’’, alla cui celebrazione sarebbe sicuramente delegato un assessore o un consigliere comunale (o anche un funzionario?). Nel pieno rispetto delle norme di legge, che, per la costituzione del rapporto, richiedono una dichiarazione davanti a un ufficiale di stato civile.

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E’ significativo, tuttavia, che un candidato a sindaco della Capitale non esiti a fare un’affermazione “politicamente scorretta’’ durante la campagna elettorale, anche a costo di perdere voti.

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Il bello sarebbe che quell’esternazione, sincera e franca, a Marchini i voti glieli facesse guadagnare.

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Pare che, convocato per il giuramento da ministro, Carlo Calenda si stesse recando nello studio di Fabio Fazio, quando lo hanno dirottato verso il Quirinale.

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