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Cos’è la fotosintesi inversa. La scoperta del ricercatore italiano David Cannella

Una scoperta che potrebbe rivoluzionare la produzione di carburanti e l’industria chimica, con ripercussioni sull’ambiente e sul cambiamento climatico. Parliamo della cosiddetta fotosintesi inversa, un processo naturale in grado di moltiplicare l’efficacia di alcuni enzimi coinvolti nel processo produttivo. A descriverla, sulle pagine della più importante rivista scientifica al mondo, Nature Communications, è lo studio realizzato da un team di ricercatori dell’università di Copenaghen, il cui sigillo però è tutto tricolore.

L’INTUIZIONE DI UN GIOVANE RICERCATORE ITALIANO

Il principale autore della scoperta, infatti, è David Cannella, un giovane ricercatore italiano (32 anni) attualmente impegnato in un post-doc presso l’università danese. «Tutto ha avuto inizio 5 anni fa quando fu scoperta una nuova classe di enzimi: le monoossigenasi litiche dei polisaccaridi. Questi enzimi catturarono la mia attenzione perché catalizzano una reazione a dir poco unica, scindono attraverso un’ossidazione uno dei legami più forti esistenti in natura: il legame glicosidico che tiene unite le catene di cellulosa o di chitina, che costituiscono la struttura del legno e il guscio degli insetti, fatti per resistere a delle fortissime pressioni e sono duri come cristalli», spiega Cannella a Formiche.net

Per generare una reazione, questi enzimi hanno bisogno di energia sotto forma di elettroni. Perciò la comunità scientifica iniziò a domandarsi quale potesse essere questa fonte. «Fu un momento, un idea veloce che mi portò a pensare che la più efficiente fonte di energia era proprio sopra la mia testa (e non sotto il naso!): la luce solare, il trucco è saperla catturare», rivela il ricercatore. «La migliore strategia per farlo è quella attuata dalla natura attraverso dei fotopigmenti che eccitandosi emettono elettroni – spiega Cannella –. Tale energia è alla base della fotosintesi che, consumandola, produce ossigeno e crea la cellulosa».

COS’È LA FOTOSINTESI INVERSA

Ma in cosa consiste la fotosintesi inversa? Gli enzimi usano l’ossigeno atmosferico e i raggi solari per abbattere e trasformare i legami di carbonio, nelle piante, invece di fare il contrario, come avviene nella fotosintesi tradizionale. «Il dogma della fotosintesi è quindi invertito» continua Cannella, che ironizza: «A questi enzimi piacciono le sfide!». Secondo questo processo, la luce del sole da sola è sufficiente a facilitare la produzione dei biocarburanti dalla paglia o dal legno. E i tempi di reazione sono sorprendenti: le reazioni di sintesi che altrimenti richiederebbero 24 ore o più possono essere ottenute in soli 10 minuti. Ciò significa poter avere una produzione più veloce, a temperature più basse e una maggiore efficienza energetica della fabbricazione su scala industriale.

fotosintesi inversa

IL VALORE SCIENTIFICO DELLA RICERCA

Il valore di questa ricerca, ottenuta da Cannella grazie a una borsa di studio individuale del governo danese, consiste proprio nel fatto che «si utilizza dell’energia gratuita e rinnovabile dal sole per poter degradare la cellulosa di scarto agricolo e non commestibile per fermentare biocarburanti di seconda generazione (bioetanolo), oppure trasformarla in oligosaccaridi e zuccheri commestibili».

Tutto ciò, spiega il giovane ricercatore a Formiche.net, è alla base del concetto di «bioraffineria o bioeconomia, che incentiverebbe lo sfruttamento delle risorse agricole sul territorio nazionale creando una nuova economia, occupazione e migliorando la qualità dell’ambiente, visto che il processo è completamente “verde”» L’ossigeno utilizzato, infatti, è una piccolissima parte di quello prodotto dalla pianta.

Si tratterebbe, poi, di un processo replicabile in altri ambiti. «Moltissimi altri processi potrebbero funzionare allo stesso modo in natura così da poter creare nuovi prodotti utili da altri materiali di scarto (plastiche, grassi etc.)».

DAVID, BRILLANTE CERVELLO IN FUGA

David Cannella, che durante gli anni dell’università si divideva tra le lezioni di Biotecnologie alla Sapienza di Roma e il lavoro per portare avanti il panificio di famiglia, è l’ennesima eccellenza italiana migrata all’estero: «Dopo la laurea sentivo che in Italia non potevo soddisfare a pieno la mia curiosità scientifica. Fare ricerca in Italia è quasi impossibile».

Ma come molti cervelli in fuga, sogna di poter rientrare in Italia e dare il suo contributo alla nostra ricerca scientifica: «Vorrei poter diventare un insegnante, qui in Danimarca ci sono dei programmi specifici per tali percorsi di carriera (tenure track)», spiega a Formiche.net. «Ma il mio sogno è collaborare con l’università in Italia e magari, un giorno, poter rientrare». E ci tiene a specificare: «Non è un male varcare i confini italiani, anzi dovrebbe essere un percorso obbligatorio per gli scienziati (e i giovani in generale…), ma bisognerebbe prevedere un sistema di rientro per evitare questa terribile emorragia».

LE APPLICAZIONI FUTURE DELLA SCOPERTA

Ma in nord Europa non c’è tempo per farsi assalire dalla nostalgia di casa, la ricerca deve andare avanti: «Il mio progetto futuro è di investigare dove e come in natura la fotosintesi inversa è impiegata visto che per ora abbiamo soltanto risultati in provetta». Proprio per questo «abbiamo già avviato uno studio intensivo per le applicazioni della scoperta in vari settori dalla produzione dei biocarburanti biotenolo e biometano, o per l’applicazione nel campo alimentare», spiega David. «Una rivoluzione verde illuminata, come la chiamiamo da queste parti!».


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