Skip to main content

La Corea del Nord prova a riempire le casse statali con cyber attacchi alle banche

I funzionari della società di sicurezza informatica Symantec dicono al New York Times di aver indagato su alcuni cyber attack avvenuti ai danni di vari istituti bancari in Vietnam, nelle Filippine e della Banca centrale del Bangladesh. Secondo i tecnici dietro alle operazioni ci sarebbe la Corea del Nord, la quale sottraendo denaro dalle casse degli istituiti colpiti è diventata il primo stato/nazione ad attaccare i conti correnti bancari come metodo per migliorare i propri bilanci. Gli uomini della Symantec sono sufficientemente sicuri che Pyongyang sia il responsabile delle rapine cibernetiche perché hanno rintracciato l’uso di un codice malware molto particolare, lo stesso utilizzato sia nel 2014 contro la Sony (finita nei target degli hacker in occasione della diffusione del film satirico “The interview” dove il protagonista è un pazzo dittatore nordcoreano alias di Kim), sia nel 2013 quando a essere colpite furono banche e media in Corea del Sud. Al di là dei soldi sottratti, di cui si forniscono solo stime parziali (81 milioni dalla Bangladesh Bank), a creare allarme nel settore della cyber security globale è il fatto che gli hacker nordcoreani sarebbero riusciti a violare Swift, Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication, un consorzio bancario con sede a Bruxelles che gestisce quello che è considerato il sistema di messaggistica di pagamento più sicuro del mondo. Il sistema Swift viene utilizzato da 11.000 banche e società in tutto il mondo per spostare denaro da un paese all’altro – “Ecco la ragione per cui si tratta di un obiettivo allettante per i criminali” scrive il Nyt.

C’è la possibilità che il Nord voglia realmente compiere questo tipo di attività per finanziarsi, visto che il paese naviga a ritmi economici molto lenti, con un sistema produttivo in continua involuzione. La Corea del Nord è nota da tempo per i “tentativi creativi” per far fronte al gran bisogno di valuta forte. Il New York Times ricorda che “negli ultimi dieci anni i funzionari del governo degli Stati Uniti hanno accusato i nordcoreani di contraffazione delle banconote da 100 dollari” (erano noti come “superdollars” o “SuperNotes“, perché i falsi erano quasi perfetti, al punto che la Federal Reserve ha iniziato a far circolare una nuova cartamoneta negli ultimi tre anni, la quale rende adesso quasi impossibile la contraffazione).

“La Corea del Nord è il male per [quel che riguarda] il denaro”, ha detto al giornale americano che si è occupato dell’inchiesta sulla vicenda Herb Lin, studioso ricercatore sulla cyber policy e cyber security allo Stanford University’s Center for International Security and Cooperation. “Sono stati tagliati fuori del sistema finanziario a causa delle sanzioni. Erano stati tra i migliori falsari del mondo, e solo recentemente sono stati ostacolati nella contraffazione dei superdollars. Se è vero che li abbiamo tagliati fuori da questo, allora non è affatto sorprendente che cerchino qualcos’altro”, come gli attacchi cibernetici, settore paramilitare su cui Pyongyang ha investito molto, richiamando anche ben pagati consulenti stranieri.


×

Iscriviti alla newsletter