Si chiama Atlante e, di giorno in giorno, è sempre più al centro delle cronache finanziarie. E’ il fondo “di sistema” gestito dalla Quaestio sgr guidata da Alessandro Penati. Il suo nome non è casuale: così come stando al mito Atlante doveva reggere sulle proprie spalle il peso del mondo, il fondo è nato per farsi carico del fardello delle banche italiane, agendo essenzialmente su due fronti: garantendo gli aumenti di capitale più a rischio (di fatto ha già comprato Popolare di Vicenza e ha pre-garantito la ricapitalizzazione in corso di Veneto Banca) ma soprattutto comprando le sofferenze che zavorrano i bilanci degli istituti di credito.
LE DICHIARAZIONI SU UNICREDIT…
Atlante è nato da pochissimo ma il suo gestore Penati ha già avuto modo di fare parlare di sé in più di un’occasione. A cominciare da quando ha detto la sua sul caso Unicredit: “Non si è mai vista una banca che manda via l’amministratore delegato (Federico Ghizzoni, in attesa di essere sostituito dal nuovo ad, che però non è stato ancora individuato, ndr) e non ne ha un altro da mettere al suo posto. E poi, per questo, gli chiede di rimanere ancora un po’. Sono da prendere gli azionisti e da licenziare”, ha detto Penati tranchant. E ancora: “A Unicredit ci sono state anche responsabilità manageriali. E’ sotto gli occhi di tutti che noi siamo intervenuti (sull’aumento di capitale della Popolare di Vicenza, ndr) anche perché 1,5 miliardi avrebbero messo in difficoltà l’unica banca italiana considerata tra le Sifi”, cioè tra quelle di respiro più internazionale. In proposito va ricordato che Unicredit si era inizialmente impegnata a garantire l’aumento della Popolare di Vicenza, salvo poi fare un passo indietro facendo appunto subentrare Atlante. Proprio questa vicenda, tra l’altro, sembra rappresenti la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso nella decisione dei soci di dimissionare Ghizzoni.
Che Penati abbia torto o ragione, hanno colpito sia la sua schiettezza (gli uomini di finanza sono tipicamente più paludati), sia l’attacco agli azionisti di Unicredit. Sì perché tra quei soci figurano un paio di Fondazioni, Crt e Cariverona per citare le principali, e la stessa Quaestio dove Penati lavora è una società di gestione del risparmio partecipata proprio da questi enti. Certo, non sono gli stessi, perché si tratta della Cariplo di Giuseppe Guzzetti e della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, ma sono pur sempre Fondazioni. Va poi considerato che la stessa Unicredit è tra i maggiori sottoscrittori del fondo Atlante, cui ha trasferito risorse per 845 milioni.
…E QUELLE SU INTESA E LE COMMISSIONI
L’altra grande banca italiana che ha finanziato il fondo è Intesa Sanpaolo, sulla quale Penati, allo stesso modo, non si è risparmiato. Per sferrare il suo attacco è partito dalle laute commissioni che incassano gli istituti di credito per i loro lavori: “A noi di Questio pagano poco, una commissione pari allo 0,07 per cento. Le nostre care banche investitrici quando si tratta di fare servizi agli altri utilizzano altre metriche. Nonostante questo io ho accettato l’incarico”. E poi Penati arriva subito al nodo del comitato degli investitori del fondo, che avrebbe voluto fosse indipendente, ma invece “è un fatto pubblico che nel comitato degli investitori su nove membri otto sono funzionari di banca e il presidente indipendente (Carlo Corradini, ndr) ha appena lasciato il cda di Intesa, era il managing director di Imi e la scorsa settimana è stato nominato presidente del collegio sindacale di Cassa Depositi e Prestiti. Io ho un’altra idea di indipendenza. Non è semplicissimo fare il proprio lavoro, soprattutto quando, come è successo qualche settimana fa, bisogna negoziare fino alle 3.00 del mattino per farsi almeno ridare, dalle banche che ci hanno richiesto la garanzia di sub-underwriting (sub-garanzia, ndr), le commissioni che loro si sono fatte dare dalle banche e che evidentemente volevano tenersi per loro”.
Non si è fatta attendere la replica dell’amministratore delegato di Intesa, Carlo Messina, che ha detto: “Quaestio è il gestore, chi ci ha messo i soldi sono le banche. E se metto 800 milioni in un fondo e nomino il mio cfo (direttore finanziario), che è uno dei migliori a livello internazionale, e Giovanni Gilli che è il capo della nostra Capital Light Bank, vuol dire che ho nominato due persone su cui credo non ci sia confronto in Europa. Indipendenza o meno, quello che conta è avere le migliori professionalità rispetto agli obiettivi che devono essere raggiunti”.
LA RABBIA DEI SINDACATI
Ma l’atteggiamento di Penati non ha infastidito solo Messina. Tra le numerose frecciatine del gestore di Quaestio, ce n’è stata una inviata anche all’indirizzo dei sindacati bancari, rei a suo dire di avere contributo al disastro delle banche venete (Popolare di Vicenza e Veneto Banca) insieme con gli ex vertici, gli azionisti, ma anche Confindustria e i media. Tutti, insomma. Le organizzazioni sindacali non se lo sono lasciate dire due volte e in una durissima nota congiunta hanno definito con ironia Penati come “il Messia”: “I problemi del settore del credito sono finalmente in via di soluzione definitiva. Così come Mosè guidò il popolo ebraico per 40 anni nel deserto portandolo infine nella terra Promessa, così il numero Uno del Fondo Atlante, Alessandro Penati porterà con il suo esempio le banche verso la Terra Promessa della redditività, competitività e sana gestione”. E ancora, attaccano le organizzazioni sindacali: “Per quanto riguarda la collusione dei sindacati, faccia nomi e cognomi indicando prove e una circostanziata denuncia alla Procura della Repubblica competente verso la quale il Messia Penati dovrebbe rivolgersi. Lo stesso Messia dovrebbe sapere – ma fa finta di non saperlo – che sono stati proprio i sindacati interni alla Popolare di Vicenza nel 2012 a denunciare la cattiva gestione, come più volte gli stessi segretari generali delle organizzazioni sindacali hanno dimostrato, anche con documenti in mano, in trasmissioni radiofoniche e televisive”.
IL PENSIERO DI DE MATTIA
Le parole di Penati sono finite anche nel mirino del commentatore di Milano Finanza, Angelo De Mattia, secondo cui, “in una situazione nel complesso non facile, sarebbe sommamente da evitare di prodursi in dichiarazioni che vanno oltre l’aureo principio est modus in rebus”. Secondo De Mattia, “è quanto meno maldestro porre il problema dell’indipendenza dei singoli componenti il comitato degli investitori di Atlante quando la loro professionalità (come ha detto Carlo Messina riferendosi ai due di estrazione di Intesa Sanpaolo) è fuori discussione e – aggiungo qui – è proprio questo requisito che impedisce a questi membri di essere eterodiretti, ammesso che chi abbia investito centinaia di milioni debba disinteressarsi dell’investimento. D’altro canto – prosegue l’ex direttore centrale della Banca d’Italia e braccio destro dell’ex governatore Antonio Fazio – è necessaria una grande abilità per mettersi in una posizione che ha suscitato la reazione di un’ampia schiera di organizzazioni sindacali e non solo. Penati, di cui non si mette in dubbio la competenza, deve realizzare che non sta in un’aula universitaria, non ha a che fare con soggetti da guidare, né è incaricato di un’iniziativa palingenetica; non deve promuovere alcuna rivoluzione, ma deve agire, con la professionalità che ha, per il raggiungimento dei fini previsti. Dovrebbe, pur non essendo un banchiere, agire come soprattutto operavano i grandi banchieri di un tempo allineandosi al fuge rumores, fornendo comunicazioni ufficiali in chiave istituzionale, osservando i criteri della trasparenza che non sono quelle dell’attribuzione di colpe al mondo intero, ed evitando di assumere il ruolo del tardivo Torquemada nei confronti di vicende bancarie del passato”.
LA POSIZIONE DI GUZZETTI
Le posizioni di De Mattia, negli ultimi tempi, sono sembrate apprezzate a quelle dell’Acri Giuseppe Guzzetti, numero uno della Fondazione Cariplo, come detto socia di riferimento di Quaestio. Guzzetti, confermandosi democristiano doc, tanto per incominciare ha sottolineato che Penati si prende la responsabilità delle sue affermazioni. E in un secondo momento gli ha accordato fiducia (“non farà cose sbagliate, bisogna lasciarlo lavorare tranquillo”), precisando che il compito primario di Atlante non è tanto di garantire gli aumenti di capitale delle banche venete (cosa che comunque il fondo sta facendo) quanto piuttosto di comprare i crediti inesigibili e in particolare le sofferenze delle banche. E proprio intorno a questo punto si snoda un’altra controversia: Atlante nasce appunto per liberare le banche italiane dal peso delle sofferenze. Ma siccome i prezzi di questi prestiti sono precipitati a valori molto inferiori di quelli impliciti dei bilanci degli istituti, per dare una mano alle banche bisogna acquistarli offrendo un corrispettivo maggiore di quello del mercato. Guzzetti sembra favorevole ad adottare questa linea, ma Penati meno. Chi la spunterà non si sa ma non c’è dubbio che intorno a Penati si siano aperti tanti fronti critici che non saranno facili da richiudere.