Ci sarà vera competizione sulla banda ultra larga? Ed Enel, scesa in campo per accelerare lo sviluppo della rete di nuova generazione, garantirà parità di trattamento a Telecom per fornire servizi sulla sua infrastruttura?
Ecco i rischi e le opportunità della strategia per la banda ultra larga messa a punto dal governo spiegati da Federico Protto, amministratore delegato di Retelit, uno dei principali operatori italiani di servizi dati e infrastrutture per il mercato delle telecomunicazioni, dal 2000 quotato alla Borsa di Milano che dispone di una rete in fibra ottica proprietaria che si estende per oltre 9 mila chilometri a livello nazionale, per un totale di 190 mila chilometri di fibra. Protto approfondisce gli aspetti legati alla concorrenza e l’effettiva realizzazione del piano nazionale italiano per la banda larga ad alta velocità che ieri ha ricevuto il via libera dalla Commissione europea.
IL PIANO DEL GOVERNO: OPPORTUNITÀ E RISCHI
Retelit segue con interesse quello che sta facendo il governo: “La cosa importante è capire come il bando potrà essere recepito”, commenta Protto. Ecco perché: “Il rischio grosso, se vogliamo di secondo ordine rispetto al fatto di non sviluppare una infrastruttura di banda larga, è quello che partecipino in maniera competitiva solo determinati soggetti. I bandi EuroSud degli scorsi anni, ad esempio, sono stati tutti, o quasi, aggiudicati a Telecom Italia, cosa che alla Commissione europea non è piaciuta”.
“È probabile che con questo nuovo bando si superi il fatto che sia solo Telecom a partecipare, ma la partecipazione di una vera pluralità di operatori, quindi in numero maggiore di due, non la vedo facilissima, essenzialmente per i requisiti che vengono posti”.
Protto si sofferma poi sui contesti di mercato che si stanno creando per chi questa infrastruttura la deve poi realizzare, dei veri e propri colli di bottiglia a livello costruttivo: “L’impulso del governo è forte, mi domando però se attualmente esista la capacità produttiva delle aziende italiane di utilizzare 1,4 miliardi del primo bando più altrettanti per i prossimi, per costruire fibra nei prossimi due anni. Questo crea una scarsità nell’ambito della filiera produttiva dell’offerta, da parte dei costruttori che tra l’altro, avranno il lusso di poter scegliere se andare a lavorare o con Enel open fiber, o con Telecom, molto probabilmente tralasciando i piccoli operatori”.
INFRASTRUTTURA VS SERVIZI
L’ad di Retelit opera una distinzione tra infrastruttura passiva e attiva: “La concorrenza, o meglio l’investimento che deve fare l’operatore, una volta che l’infrastruttura passiva c’è, è legato ai servizi. L’infrastruttura passiva è la fibra spenta che arriva a casa, il servizio nasce dall’accensione della fibra e da quello che ci metto sopra. Ma che a casa arrivi fibra dell’operatore A o B, interessa poco ai clienti. Ciò che è fondamentale è che sul servizio, sia esso di connettività, di sicurezza, o di Netflix, ci possa essere concorrenza”, spiega il manager.
Che tradotto in altri termini vuol dire: “È più che sufficiente che un operatore infrastrutturale porti la fibra e a condizioni eque e trasparenti, che sono quelle stabilite dall’Autorità, ovvero orientate al costo, la dia agli operatori di servizi che si fanno concorrenza per vendere ai clienti finali i servizi di cui hanno bisogno. Molti operatori, cosiddetti verticalmente integrati, pensano invece di vendere meglio i propri servizi su un’infrastruttura di loro proprietà. Questo può essere risolto solo con un intervento efficace da parte dell’AgCom. L’ha fatto e ci sono delle linee guida. Se queste linee guida nelle aree nere verranno applicate in maniera efficace la competizione sull’infrastruttura pura è un grande spreco. Se non fossero efficaci sarebbe necessaria”.
TUTTI IN REGOLA
A scrutare il campo ci sono infatti le authority, pronte a intervenire in caso di concorrenza sleale o di interessi incrociati. Ad esortare l’Antitrust è stato il presidente di Telecom, Giuseppe Recchi, che ha chiesto regole stringenti anche per il gruppo elettrico: “Recchi ha centrato il punto – commenta Protto – . Va benissimo che ci sia una Enel open fiber, ma se essa porta la fibra laddove Telecom ha scelto di non andare, Enel dovrà mettere quell’infrastruttura a sua disposizione in condizioni non discriminatorie rispetto al trattamento che riserverà a Vodafone, Wind, ecc. La concorrenza dunque va fatta sui servizi, altrimenti Telecom si troverà a fare una rete alternativa per veicolare i suoi”.
I LIMITI DEL RAME
Un po’ meno motivata è per l’ad di di Retelit la difesa di Telecom della rete in rame. “Il limite tecnologico del rame è evidente. I problemi sono due: le tecnologie su rame possono garantire teoricamente anche 400 megabit, ma in maniera tendenzialmente asimmetrica, perché una cosa è la velocità in download e una cosa in upload. Se il mondo consumer è molto più orientato al download, è chiaro che per le imprese i canali devono essere assolutamente simmetrici”.
Il secondo problema è di future proof, da un lato, e di capacità di aggregare tanti utenti sullo stesso portante fisico. Se io ad esempio fossi l’unico ad utilizzar e i servizi di Netflix, con le nuove tecnologie del rame posso raggiungere anche i 400 mega. Ma se il mio vicino di casa decidesse di farlo a sua volta sullo stesso cavo, perché il nostro edificio verrà servito dallo stesso cavo, man mano diminuisce la capacità per il singolo utente di utilizzare la banda larga in maniera contemporanea”.
IL RUOLO DI RETELIT
Che ruolo giocherà Retelit nella partita della banda larga? Risponde Protto: “Molto probabilmente ci proporremo su uno o più lotti di questo bando, magari non su tutte le regioni perché la nostra infrastruttura è piuttosto capillare in Lombardia, Veneto ed Emilia, meno in Toscana e in Abruzzo e Molise. Molto plausibilmente unendoci ad altre realtà che fanno il nostro mestiere, oltre a qualche costruttore o impresa di progettazione. Sarà molto importante la fase di qualifica perché riteniamo che sia fondamentale che i soggetti concorrenti siano più di due. Poi da un punto di vista della effettiva aggiudicazione dipenderà dalle condizioni di mercato”, spiega l’amministratore delegato della società impegnata sul fronte internazionale, in un grosso investimento per la realizzazione nell’ambito di un consorzio di operatori mondiali di un cavo sottomarino di 25 mila chilometri chiamato AAE1 (Africa, Asia, Europa 1): “Il cavo sottomarino fornirà altissime capacità su un percorso diversificato rispetto ai congestionati sistemi sottomarini tradizionali esistenti, che peraltro non garantiscono ancora connettività end to end dal mediterraneo al Far East, oltre che una validissima alternativa ai collegamenti terrestri che passano attraverso zone un po’ travagliate sia dal punto di vista politico che geografico. È lungo circa 25 mila chilometri, toccherà 2/3 della popolazione mondiale e sarà operativo già alla fine del 2016. L’investimento complessivo per Retelit è di circa 61 milioni di euro”, spiega Protto sottolineando che “la nuovissima landing station di Bari, ovvero il Data Center di collegamento del cavo sottomarino alla rete terrestre interamente di proprietà di Retelit, sarà il nuovo gateway alternativo del Mediterraneo, da e verso l’Europa”.