Skip to main content

WhatsApp, Messenger e Skype dovranno pagare Telecom, Vodafone e Wind?

(Seconda parte di un articolo più ampio. La prima parte si può leggere qui)

Non esiste una “proposta” di Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) per “tassare” le app di messaggistica mobile come Whatsapp; i risultati della “Indagine conoscitiva sullo sviluppo delle piattaforme digitali e dei servizi di comunicazioni elettronica” non arrivano necessariamente alla conclusione che dovremo pagare i servizi di messaggistica (anche Facebook Messenger, Skype, Telegram e molti altri). Vediamo in dettaglio che cosa veramente propone Agcom e i dati riportati sul mercato dei “vecchi” servizi di messaggistica (gli Sms) delle telco che gli OTT hanno in gran parte soppiantato.

CHI PAGA PER LE RETI

L’Indagine Agcom mette l’accento su una condizione di mercato in cui, con la comparsa dei “consumer communications services”, è venuto meno l’equilibrio. Il regolatore italiano sottolinea che gli operatori di rete mobile devono sottostare, in quanto possessori di infrastrutture di rete e fornitori di servizi di comunicazioni, a una serie di obblighi (la necessità di procurarsi un’autorizzazione per svolgere la propria attività, il rispetto della normativa italiana a tutela della privacy, della libera concorrenza, dei diritti del consumatore, ecc.). Devono anche attenersi alla regolamentazione sull’interconnessione delle reti, con i relativi costi e, nel caso specifico degli operatori di rete mobile infrastrutturati, devono sopportare i costi per l’attribuzione dei lotti delle frequenze.

I fornitori di app di comunicazione sociale sono esenti da molti di questi obblighi ma utilizzano indirettamente le risorse degli operatori di rete in quanto offrono servizi agli utenti finali usufruendo delle reti già esistenti – e quindi indirettamente delle frequenze e delle numerazioni di cui sono titolari gli operatori di rete mobile – senza né farsi carico dei relativi costi né dover rispettare le regole connesse al loro utilizzo e senza che siano previsti meccanismi di revenue sharing tra le parti. Questi vantaggi consentono agli OTT, in linea di principio, di offrire servizi al dettaglio ai consumatori a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle offerte dagli operatori di rete mobile.

PIU’ REGOLE O MENO REGOLE?

Questo quadro non si traduce automaticamente nella conclusione: gli OTT devono pagare le telco, chiarisce Agcom. L’Indagine anzi mette in guardia sulle “asimmetrie regolamentari”, sulle “potenziali barriere all’entrata” o danno alle condizioni concorrenziali del mercato. In pratica, prevedere più obblighi per gli OTT oppure meno regolamentazione per le telco potrebbe causare un rallentamento, se non un arresto, nello sviluppo dei consumer communications services più innovativi nel caso, ad esempio, gli eventuali obblighi imposti agli OTT si rivelassero non proporzionati. Si interromperebbe così il circolo virtuoso di stimolo agli investimenti e all’evoluzione del settore.

Inoltre, anche se oggi non è previsto un meccanismo di revenue sharing tra le parti, è anche vero che l’utente deve comunque pagare il piano dati della telco per avere il servizio dell’OTT. “C’è anche una concreta opportunità per gli operatori di rete di sfruttare la natura multi-versante del mercato”, dice Agcom.

COME E’ CROLLATO IL MERCATO SMS

Anche i dati sul crollo delle entrate da Sms si inseriscono all’interno di un fenomeno che è globale, non specifico dell’Italia, e non è causato solo dalle app di messaggistica ma in generale dalla “guerra dei prezzi imperversata negli ultimi anni tra gli operatori di rete mobile in Italia”, osserva Agcom; “inoltre bisogna tener conto degli effetti sui mercati al dettaglio della regolamentazione imposta nei mercati all’ingrosso, in particolare per quanto concerne l’abbassamento del prezzo dei servizi di terminazione wholesale e delle tariffe di roaming avvenuto negli ultimi anni”.

E’ innegabile però che le aziende telecom hanno perso in dieci anni un’importante fonte di entrate mentre hanno visto esplodere l’uso dei dati (con la conseguente necessità di investire nel potenziamento delle reti). In termini di utilizzo da parte dell’utente i servizi di messaggistica istantanea non hanno superato i servizi tradizionali di Sms, visto che a ottobre 2015 – in tutti i paesi analizzati da Agcom, a eccezione della Spagna – la percentuale di popolazione che utilizza gli Sms è ancora superiore, seppur in alcuni casi non di molto, alla percentuale di popolazione che usa servizi di messaggistica istantanea (Italia: 90% Sms, 80% app di messaggistica). Sono i ricavi però ad essere crollati: oltre 2 miliardi di euro nel 2005, nemmeno 950 milioni nel 2015.

CHE COSA PROPONE AGCOM

Che fare dunque per riequilibrare il mercato? Secondo il regolatore, innanzitutto, andrebbe considerata in ambito europeo una nuova formulazione dei “consumer communications services”, armonizzata in Ue e che tenga conto delle novità tecnologiche (reti mobili dalle prestazioni migliori e terminali più evoluti che incentivano l’utilizzo di app). Riconsiderare la definizione curerebbe l’asimmetria attuale. Se ci saranno regole da imporre ai fornitori di app occorrerà comunque un test, secondo Agcom, per valutare l’idoneità della misura rispetto all’obiettivo conseguito, come suggerisce anche il Berec nel “Report on OTT services”.

Resta innegabile che Agcom mette sul tavolo anche, tra le ipotesi da vagliare, quella del “pedaggio” degli OTT, in linea, almeno in parte, con quello che l’Etno, che rappresenta gli operatori di rete in Europa, ha in più occasioni chiesto: gli OTT dovrebbero prezzi adeguati per l’interconnessione, per compensare il fatto che usano l’infrastruttura di rete su cui le telco hanno investito.

“PROMUOVERE GLI INVESTIMENTI DEGLI OPERATORI”

Il relatore dell’indagine Agcom, il commissario Antonio Preto (nella foto), ha spiegato: “L’indagine conoscitiva ha analizzato la domanda e l’offerta dei nuovi servizi e l’uniformità di condizioni del mercato per tutti gli operatori. Tra le misure ipotizzate per risolvere le eventuali criticità esistenti negli accordi d’interconnessione tra operatori di rete e fornitori di servizi di messaggistica istantanea, come Whatsapp, Telegram e altri, vi è quella che questi ultimi remunerino l’utilizzo delle infrastrutture. Il fine è quello di promuovere gli investimenti sostenuti dagli operatori di rete che sostengono l’ingente quantità di traffico dati che i servizi a valore aggiunto generano”.

Ma, specifica il Commissario, “è un’ipotesi riguardante gli accordi d’interconnessione tra OTT e Tlc da realizzarsi, per esempio, attraverso un obbligo di negoziazione, con l’obiettivo di individuare le modalità d’interconnessione e il relativo prezzo”; ciò “non implica costi diretti per l’utente né la possibilità per i fornitori di servizi di messaggistica istantanea di poter attingere al credito telefonico”, a cui i fornitori di servizi di messaggistica istantanea “non sono stati autorizzati ad attingere”.

×

Iscriviti alla newsletter