Il rapporto fra salute ed economia? E’ come un prisma: presenta differenti lati che compongono una figura complessa e certamente affascinante. Se per un verso vi è un grande sforzo per comunicare l’importanza degli investimenti in ricerca nel settore farmaceutico, dall’altro vi è la necessità di affrontare il nodo della sostenibilità finanziaria del sistema sanitario pubblico. Nel nostro Paese questa questione rappresenta, infatti, un elemento centrale e ricorrente del dibattito pubblico. Si intrecciano evidentemente profili diversi relativi alle prestazioni, alle cure, al rapporto relativo alle competenze statali e regionali, alla rimborsabilità dei farmaci. Complessivamente, la spesa sanitaria rappresenta una delle principali voci del bilancio nazionale e non è quindi un caso che si concentrino in questo settore le esigenze di finanza pubblica (la cosiddetta “spending review”). Coniugare fiscalità e esigenze di health care, va da se, è tutt’altro che un’impresa semplice.
Finanziare i farmaci innovativi, soprattutto nel settore oncologico dove si registrano – per fortuna – grandi progressi scientifici, è una delle priorità del ministero guidato da Beatrice Lorenzin. Con quali risorse però? Il Sole 24 Ore dello scorso 12 luglio rivela l’idea di una tassa di scopo sulle sigarette. Si tratterebbe di un prelievo da un centesimo a sigaretta (20 centesimi a pacchetto) per raccogliere 750 milioni di euro in tutto. La tutela della salute pubblica è un dovere costituzionale, non c’è dubbio. Il tabagismo ha un impatto notevole non solo sulla salute ma anche in termini di costi per il sistema sanitario. I costi sociali del fumo sono altissimi e difficili da quantificare (diretti e indiretti). Secondo le stime più accreditate siamo sui 24 miliardi di euro in tutta Europa. Consideriamo dalle accise e dall’Iva sui tabacchi solo lo Stato italiano incassa ogni anno circa 14 miliardi di euro. Mezza legge di bilancio si basa su questo particolare prelievo.
Nei giorni scorsi due autorevolissime personalità quali Pier Paolo Baretta e Vieri Ceriani hanno detto (parlando di giochi, tabacco e alcool): “Basta emendamenti e codicilli di aumento per fare cassa in ogni Finanziaria. Serve una regolamentazione sostenibile ed equilibrata. E quella sulle sigarette sta dimostrando di esserlo”. Sono considerazioni che meritano di non essere trascurate. In verità la tassazione così elevata sulle sigarette è già il risultato di una visione da una parte paternalistica (scoraggiamo il fumo) e dall’altra compensativa (facciamo pagare i fumatori per le esternalità negative che generano) da parte dello Stato. In realtà, gli introiti dal tabacco (come quelli dai giochi, altri 9 miliardi di euro) servono ad altro. A coprire i costi del debito, a finanziare le pensioni, a tamponare le emergenze. Non si può quindi che essere d’accordo con le esigenze rappresentate dal ministro della Salute salvo porre con chiarezza il tema che i necessari 750 milioni di euro dedicati ai farmaci oncologici innovativi siano accantonati nell’ambito del già corposo prelievo sul tabacco (i citati 14 miliardi di euro che già entrano nelle casse dello Stato).
Al ritorno delle vacanze, governo e Parlamento saranno chiamati a ragionare su una strategia di finanza pubblica che dovrà tenere conto di numerose e contrastanti priorità. Il ministro Padoan con la collega Lorenzin e l’intero Consiglio presieduto da Matteo Renzi avrà il compito difficile di trovare una sintesi. Alcuni punti politici però meritano di restare fermi. Uno Stato punitivo, anziché regolatore, non farà che accrescere un certo disagio nei cittadini – utenti – consumatori. Ridurre le tasse per aumentare le accise potrebbe non essere la scommessa giusta. L’equilibrio fra salute e fisco va cercato e trovato senza imboccare la scorciatoia di farne pagare il prezzo ai contribuenti, ancorchè ai soli “viziosi” che siano essi fumatori, giocatori d’azzardo, o bevitori di bevande alcoliche.