La Francia è diventata ormai la vera frontiera di guerra del terrorismo. Quasi non fa neanche più notizia un nuovo attentato perché tutto il mondo civile vive in uno stato di choc permanente. L’Isis attacca ovunque, ma soprattutto uccide utilizzando chiunque sia in uno stato di disperazione tale da poter essere rapidamente arruolato per passare dall’emarginazione più buia alla milizia armata.
Le notizie giunte stamani da una chiesetta vicino Rouen rappresentano però un balzo in avanti, uno scempio davvero inaudito. Sappiamo che i nostri territori sono vulnerabili anche nelle periferie, ma adesso il sangue si versa finanche nel sacrario di una piccola Chiesa, colpendo la Cattolicità al fondo del suo cuore, della sua spiritualità. Un anziano sacerdote che celebrava la messa feriale del mattino con pochissimi fedeli è diventato così oggetto di morte da parte di due terroristi che lo hanno massacrato, ferendo gravemente un’altra persona, al grido ‘Daesh!’, secondo le prime informazioni.
Subito è stato osservato che si è trattato di salto di qualità. Non solo i grandi luoghi pubblici di aggregazione, non esclusivamente le città grandi o quelle turistiche, ma adesso si colpisce un luogo di culto nella sua quotidianità non appariscente, trasformando la guerra fondamentalista in un unilaterale eccidio religioso.
Diciamolo apertamente. Come avveniva nei secoli bui del Medioevo, ancora una volta il Cristianesimo subisce la violenza nell’unico modo che gli è possibile: il martirio di un innocente.
La Chiesa, da sempre riassunta nella persona del suo Papa, sta vivendo quest’anno il Giubileo della Misericordia. Francesco ha sempre avuto parole di pace, ha mostrato un dolore immenso per tutti gli attentati che fin qui sono stati compiuti, non ha mai usato né ragionamenti né sentimenti di vendetta; ecco invece che la reazione del fondamentalismo è stata rispondere nel sangue, e soprattutto colpire alla gola l’ultimo spiraglio di salvezza, di perdono e di comprensione rimasto in piedi.
San Tommaso spiega che il martirio per un cristiano è la massima espressione della forza di un credente, quella solidità della volontà che spinge il cristiano a morire per la sua fede. Si capisce bene come la fede sia intesa nel cattolicesimo come espressione di un rapporto ed impegno personale e spirituale con Dio, che si nutre dell’amore e del sacrificio di se stessi per il prossimo.
È perciò così tanto mortificante pensare che, sia pure in un quadro non spirituale ma militare, questa follia terroristica si appelli ad una fede religiosa che in quanto tale non può tradursi, a prescindere dalla confessione, in una violenza tanto ignobile e tanto bestiale.
Un Dio della guerra che incita ad uccidere un innocente in preghiera non è neanche un idolo, semplicemente rappresenta l’oggetto di un’ideologia schizofrenica trasformata in follia aberrante.
Il passaggio di grado con questo infernale omicidio c’è stato, eccome. Tutto si può dire, infatti, ma non che la Chiesa benedica immaginifici eserciti crociati, e tanto meno che un povero sacerdote sgozzato possa avere qualche qualche possibilità di far gridare vittoria a qualsivoglia persona normale, di qualsiasi religione e mondo sia e appartenga.
Bisogna entrare nell’ottica invece che l’unico movente è l’odio xenofobo verso tutti noi, perché siamo uomini, donne, atei, cristiani liberi: un astio farneticante tanto più virulento e riuscito quanto più si perpetra contro persone inermi e innocenti.
L’Europa del Terzo Millennio ha avuto così la sua prima guerra con il suo primo martire cristiano. Non avremmo mai voluto dire una cosa del genere e trovarsi a dover constatare un tale misfatto; anche perché adesso veramente corriamo tutti il rischio di assistere al flagello della nostra civiltà, consumata proprio laddove l’amore e l’umanità sono custodite come cosa divina e spirituale. Stiamo subendo tutti, non solo la Francia, un attacco con azioni di guerriglia militare che non hanno altro fine se non di far vincere il male ‘distruggendo ogni presenza di bene’, annientando realmente e simbolicamente tutto ciò che somiglia a qualcosa di sacro, vivo, divino e umano.
Questa guerra annunciata, dichiarata e rivendicata, in fin dei conti, l’Isis la vuol vincere così: di casa in casa, di Chiesa in Chiesa, fino a quando non ci sarà più nulla a frenare l’orrore dispotico del Califfato. Neanche un anziano sacerdote che celebra quasi solitario la sua messa del martedì.