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Rcs, tutte le spese per consulenze e buonuscite nell’era pre Cairo al Corriere della Sera

In Rcs è appena partita una nuova era, quella dell’azionista Urbano Cairo, che, salito a quasi il 60% del capitale dopo avere vinto la battaglia contro la cordata di Andrea Bonomi, è diventato nuovo presidente e amministratore delegato del gruppo editoriale del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport. Per consentirlo, dal consiglio di amministrazione, si sono dimessi l’ad Laura Cioli, il presidente Maurizio Costa e Gerardo Braggiotti. Insieme con Cairo, sono entrati in cda i suoi rappresentanti Marco Pompignoli e Stefania Petruccioli, mentre l’amministratore Stefano Simontacchi era già stato scelto dalla sua lista.

BUONUSCITA SUPER

Cioli, che era stata nominata ad lo scorso ottobre dai vecchi azionisti di maggioranza di Rcs (gran parte dei quali componenti la cordata concorrente a Cairo), non cede certo il posto a Cairo a mani vuote; anzi, come annunciato dalla società, riceverà una buonuscita di 3,75 milioni di euro lordi e manterrà per sei mesi un patto di non concorrenza, che non sarà remunerato. La cifra pattuita, precisa Rcs, è stata determinata “in considerazione del contributo fornito alla società e in ragione della disponibilità manifestata a ricercare una soluzione condivisa per la definizione di ogni rapporto con il gruppo” dopo il passaggio della partecipazione di controllo a Cairo. Si tratta comunque di una cifra sostanziosa per nemmeno un anno di lavoro e per un gruppo editoriale le cui difficoltà finanziarie sono note da tempo.

Basti pensare che nel primo semestre del 2016 Rcs ha realizzato una perdita di 2,1 milioni, che comunque si confronta con un rosso di 95,4 milioni nello stesso periodo dell’anno precedente. Nel secondo trimestre, invece, il gruppo, dopo quattro anni, è tornato all’utile per 19,9 milioni (da un perdita di 60,2 milioni nello stesso periodo dell’anno scorso).

LE ALTRE BUONUSCITE

Ma non è la prima volta che un manager esce da Rcs con una ricca buonuscita. Era successo, per esempio, all’ex amministratore delegato, Antonello Perricone, che nella primavera del 2012 aveva lasciato con quasi 3,4 milioni (meno della cifra riconosciuta a Cioli). Scriveva Sara Bennewitz in un articolo di Repubblica dell’ottobre 2012: “Il manager che ha gestito la società dal 2006 alla prima metà del 2012 e che tra le altre cose ha portato a termine l’acquisizione delle attività spagnole che oggi pesano sul consolidato, ha incassato 3,056 milioni lordi come “trattamento convenzionale” e poco più di 300 mila euro a “titolo di trattamento di fine mandato””.

Meno bene era invece andata al successore di Perricone, Pietro Scott Jovane, fortissimamente voluto da John Elkann prima che Fiat Chrysler decidesse di uscire dal capitale di Rcs. Jovane, uscito alla fine del 2015 proprio per lasciare il posto a Cioli, l’anno scorso ha ricevuto una buonuscita di 807 mila euro, a cui si aggiungono compensi fissi e benefici non monetari per circa 562 mila euro.

MAXI CONSULENZE

Rcs sembra, inoltre, essere generosa anche con i consulenti. Come riportato da Carlotta Scozzari sul Messaggero del 6 agosto, “sono le spese per le consulenze sulle offerte pubbliche da poco concluse e commissionate dal cda presieduto da Maurizio Costa che hanno mandato in rosso il bilancio dei primi sei mesi di Rcs”. Sui 2,1 milioni di rosso del primo semestre, infatti, hanno inciso in maniera determinante oneri non ricorrenti. In tale voce, spiega la nota di Rcs sui numeri semestrali, “sono inclusi 4,2 milioni di euro, pari a circa il 90% delle spese sostenute a supporto dell’attività del consiglio di amministrazione nell’interesse della società e degli azionisti, in relazione alle offerte pubbliche promosse da Cairo Communication e International media holding”, con quest’ultima che è la cordata avversaria a quella dell’editore de La7, composta da Bonomi, Diego Della Valle, Mediobanca, Pirelli e Unipol. “Che 4,2 milioni rappresentino il 90% della cifra implica che le spese complessive siano state di quasi 4,7 milioni (la parte restante, si evince, peserà sui numeri della seconda metà del 2016)”, scrive il Messaggero. “Ma perché – si domanda il quotidiano del gruppo Caltagirone – il cda ha speso una cifra che agli occhi di molti appare esorbitante? Da quel che si apprende, la cifra è la sintesi numerica delle varie consulenze che il vecchio cda ha commissionato per fare fronte a tutte le incombenze, per lo più legali, finanziarie e comunicazionali legate alle due Opa (per la parte finanziaria hanno riscosso Citi e Intermonte, per quella legale Cleary Gottlieb Steen & Hamilton e Chiomenti oltre all’esperto indipendente Roberto Tasca, per quella comunicazionale la società Comin & Partners)”. C’è tuttavia chi è pronto a scommettere che da adesso in poi, con l’arrivo di Cairo, conosciuto per la sua parsimonia, il vento sia destinato a cambiare in via Rizzoli. Non a caso, il neo ad, che secondo i maligni avrebbe deciso di prendere in mano le redini della presidenza proprio per evitare di dovere pagare qualcun altro, ha già fatto sapere che monitorerà attentamente ogni spesa e controllerà ogni euro che esce dalle casse del gruppo.



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