E’ ufficiale: Cattolica Assicurazioni ha chiesto il divorzio alla Popolare di Vicenza (Bpvi). Era nell’aria da un po’ di tempo, ma ora la domanda è stata presentata formalmente, insieme con tutti i necessari documenti. In quello redatto l’11 agosto che riguarda l’informativa sulle operazioni parti correlate, vengono raccontate tutte le motivazioni ed emerge anche qualche retroscena inedito sulla separazione.
COSA C’E’ IN BALLO
In ballo c’è una complessa e articolata partnership strategica e industriale tra il gruppo assicurativo veronese e quello bancario vicentino che era stata avviata nel 2007 e che prevedeva anche incroci azionari tra le due società. In particolare, erano state inizialmente previste alleanze nei settori delle assicurazioni, del risparmio gestito e nell’attività di intermediazione creditizia. Ma i patti non sono arrivati immutati sino a oggi. Nel 2012, per esempio, man mano che i venti di crisi soffiavano sempre più forte su finanza ed economia, era stata interrotta l’alleanza nella distribuzione di prodotti assicurativi e finanziari mentre era stata mantenuta quella societaria, industriale e commerciale.
I CAMBIAMENTI DI OGGI
I grandi cambiamenti, però, arrivano adesso, con il diritto di recesso che spetta a Cattolica in virtù del fatto che Bpvi si è da poco trasformata in una società per azioni. Cosa ha fatto scattare alla società veronese la voglia di fare un passo indietro? A spiegarlo sono i documenti sulle operazioni tra parti correlate: “La banca – scrive Cattolica – è stata di recente interessata da rilevanti evoluzioni che ne hanno modificato in modo radicale il relativo assetto”. Dopodiché si ricorda appunto la trasformazione in spa e il recente ingresso del fondo Atlante nel capitale come socio quasi totalitario con oltre il 99% dopo l’insuccesso dell’aumento di capitale da 1,5 miliardi: “All’esito di un’operazione di rafforzamento patrimoniale che ha interessato la banca nella prima parte del corrente anno 2016, il Fondo Atlante, e per esso Quaestio Capital Management sgr, è divenuto socio di riferimento, con una partecipazione pari al 99,33% di Bpvi”.
LE PARTECIPAZIONI INCROCIATE
Con la richiesta di recesso, si deve per forza aprire il capitolo delle partecipazioni incrociate. E allora va sottolineato che, proprio dopo l’aumento di capitale quasi interamente sottoscritto da Atlante, Cattolica ha in portafoglio lo 0,006% di Bpvi. Nello stesso tempo, però, tengono a precisare i documenti redatti dalla compagnia assicurativa, la stessa compagnia “ha sottoscritto il Fondo Atlante per 40 milioni, pari allo 0,94% del totale delle quote del fondo, peraltro – si aggiunge in maniera piccata – non partecipando tramite propri rappresentanti ad alcun organo gestionale, anche solo consultivo, di Quaestio/Atlante”. La Popolare di Vicenza, invece, ha in mano una quota sostanziosa, pari al 15,07% di Cattolica, che comunque è una società cooperativa con voto capitario, in cui vale cioè il principio “una testa, un voto”.
Scriveva in proposito il 17 luglio sul Corriere della Sera Mario Gerevini, all’epoca soltanto ipotizzando il recesso, che poco dopo come si è visto è stato effettivamente esercitato: “Cattolica ha dovuto svalutare, azzerandola (60 milioni), la quota nella banca (quasi l’1%), dopo aver sottoscritto gli ultimi aumenti di capitale ai prezzi fissati artificiosamente. È uno dei motivi di critica di molti azionisti che si chiedono come sia possibile che la compagnia abbia passivamente accettato quella valutazione in una società non quotata. La Popolare invece mantiene il suo 15% nella compagnia. È il primo socio, pur avendo diritto a un solo voto”. Da ricordare a riguardo che i titoli della Popolare di Vicenza (non quotata in Borsa), negli ultimi anni, erano arrivate a valere più di 60 euro, mentre l’aumento di capitale è stato sottoscritto da Atlante a 0,1 euro per azione: in pratica chi c’era prima del fondo “di sistema” è stato azzerato.
COSA SUCCEDERA’ ADESSO
Ora che è stato esercitato il recesso che accadrà? Tra le conseguenze principali, c’è “il diritto di Cattolica a vendere le partecipazioni del 60% in Berica Vita, Cattolica Life e Abc Assicura”. Il fatto è che a questo diritto corrisponde uno speculare obbligo della banca vicentina ad acquistare le partecipazioni. Gerevini del Corriere della Sera quantifica questo diritto a vendere in 175 milioni, che dunque dovrebbero passare da Bpvi a Cattolica. Ma non è l’unico problema con cui il fondo Atlante guidato da Alessandro Penati (nella foto) dovrà confrontarsi. “Con il recesso – scrive Gerevini – il 15% di Cattolica in portafoglio alla banca (e in pegno fino al 29 dicembre alla controparte di un’operazione finanziaria) perde valore strategico e dovrà essere riclassificato a valore di mercato. Solo che è in bilancio a 394,7 milioni, cioè 15 euro per azione”, prezzo che si confronta con i 5,4 euro della chiusura di venerdì 12 agosto. La Popolare di Vicenza, insomma, dovendo allineare la partecipazione ai pressi di mercato, sarà costretta a svalutarla a un terzo circa dell’attuale valore, con annesso impatto negativo sul bilancio.
IL “NO, GRAZIE” AL FONDO ATLANTE
Dai documenti depositati in ottemperanza alla normativa sulle operazioni tra parti correlate, emerge un ulteriore retroscena: la Popolare di Vicenza, il 25 luglio del 2016, ha chiesto una proroga a Cattolica sull’esercizio del recesso (non è chiaro ma sembra di capire fino alla fine dell’anno in corso). E questo probabilmente proprio a causa delle due questioni di cui sopra (l’opzione di vendita e la svalutazione della partecipazione). La compagnia assicurativa veronese, però, ha risposto con un secco “no” alla richiesta arrivata da Bpvi e dal suo socio Atlante. Tra le motivazioni della risposta negativa, il fatto che non sia “ragionevolmente ipotizzabile che, nelle more della proroga richiesta, Bpvi torni alla precedente forma giuridica di società cooperativa”. Inoltre, la mancata concessione di proroga “non pare in contrasto con gli interessi economici di Cattolica, perché l’eventuale aumento della somma ottenibile (…) risulta ampiamente compensato – se non addirittura eliso – dal rischio di protrarre nel tempo il realizzo economico delle legittime e maturate aspettative di Cattolica”. Non bastasse, “dai dati (…) emerge un trend di andamento negativo del business riconducibile alla partnership, che rafforza vieppiù la rischiosità di protrarre la decisione di recesso”. Niente da fare, quindi, per Bpvi e Atlante. Cattolica, ironia della sorte tra i finanziatori dello stesso Atlante, vuole uscire subito.