Il 19 Agosto del 1954 a Borgo Valsugana di Trento moriva Alcide De Gasperi, il padre della ricostruzione italiana del dopoguerra, fondatore della Democrazia Cristiana, il più grande statista italiano dopo il conte di Cavour.
La mia generazione, la prima della Repubblica italiana e la quarta della DC, è nata e si è formata nel mito del leader dello scudocrociato.
Abbiamo conosciuto uomini e donne che avevano lavorato a fianco di De Gasperi o lo avevano appena potuto ascoltare nei suoi comizi e incontri politici che, dal 1946 in poi, egli aveva tenuto nelle principali piazze italiane.
Siamo entrati sedicenni nel partito della Democrazia cristiana agli inizi degli anni’60, quando era ancora intatto il ricordo e la figura dell’uomo che fu l’artefice delle più importanti scelte politiche dell’Italia del dopoguerra.
Dal patto atlantico alla riforma agraria, dalla scelta dell’integrazione europea con gli altri padri costituenti di ispirazione cristiano sociale, Adenauer e Schuman, egli ci insegnò il valore della politica dell’equilibrio e del coraggio; dell’apertura alle alleanze compatibili sempre tenendo diritta la schiena nella difesa dei valori non negoziabili, insieme a quello della laicità e dell’autonomia dell’azione politica dei cattolici nella città dell’uomo.
Addolorato dopo l’esito confuso e contestatissimo delle elezioni del 1953, con l’assurda accusa orchestrata da Togliatti e dal fronte popolare della cosiddetta “legge truffa”, che, altro non era che un’intelligente proposta tesa a garantire la governabilità di un Paese, squassato da contrapposizioni ideologiche e di schieramento incompatibili persino sul piano internazionale, e messo in minoranza all’interno del partito dagli uomini della seconda generazione DC, morì nel suo Trentino nell’estate di 62 anni fa.
La tanto contestata “legge truffa” altro non era che un premio di maggioranza alla coalizione che avesse ottenuto la maggioranza assoluta dei voti. Niente a che vedere con le invenzioni improvvisate della seconda repubblica, dal mattarellum al porcellum, più vicine alla legge Acerbo di mussoliniana memoria che all’onestissima proposta degasperiana, battuta la quale, si consegnò l’Italia alle ricorrenti crisi di governo che hanno caratterizzato tutta la lunga vicenda della prima Repubblica.
E nulla da spartire, come qualche giovane ignorantello della storia politica repubblicana si ostina a sostenere, con quell’Italicum di cui a poche settimane la Consulta sarà chiamata a pronunciarsi sotto il profilo della costituzionalità.
Nell’attuale momento più basso della politica italiana, con la crisi dichiarata della seconda repubblica, il trasformismo parlamentare dominante, l’assetto di governo imposto dai condizionamenti politico finanziari esterni e dall’impotenza degli ex eredi dei partiti defunti della seconda Repubblica senza credibili alternative, è quanto mai significativo celebrare il 62° anniversario della scomparsa di Alcide De Gasperi, soprattutto per tutti noi “DC non pentiti” tuttora alla ricerca della ricomposizione dell’area popolare e democratico cristiana di cui l’Italia avrebbe necessità.
Noi lo stiamo facendo da tempo con l’impegno di riprendere l’insegnamento morale, prima ancora che politico e culturale del grande statista trentino, con la determinata volontà di perseguire il suo permanente monito a tutti i democratici cristiani: «Solo se saremo uniti saremo forti. Solo se saremo forti saremo liberi».
Così come, avendo sperimentato sulla nostra pelle la verità delle sue parole, vogliamo restare fedeli al suo insegnamento, quando ammoniva sui pericoli della frammentazione politica dei cattolici che «li avrebbe indotti ad essere tra di loro più ostili di quanto non lo possano essere verso formazioni politiche diversamente ispirate».
E’ con questi sentimenti, sostenuti dalla volontà di concorrere a riunire tutti i democristiani italiani non pentiti nella costruzione della sezione italiana del PPE, da ricondurre alla sua ispirazione originaria cristiano sociale e liberale, che parteciperemo alle cerimonie trentine in ricordo del nostro padre politico, il cui testimone vorremmo poterlo consegnare con fierezza alle nuove generazioni.
Di quell’insegnamento e di quei valori ne ha ancora tanto bisogno l’Italia.
Ettore Bonalberti
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