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Cosa penso del Manifesto di Ventotene e dei visionari

Terremoto nella notte: je suis amatricien

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L’incontro di Ventotene è stata un’inutile messa in scena di tre leader che, per una ragione o per l’altra, non sanno più che “pesci pigliare’’. Il loro recarsi in pellegrinaggio (un po’ patetico ed assistito da misure di sicurezza imponenti) nell’isoletta tirrenica mi ha fatto venire in mente le parate di Umberto Bossi, con le ampolle, ad attingere acqua alle sorgenti del Po. E’ il caso, poi, di ridimensionare l’importanza del Manifesto di Ventotene ai fini della costruzione dell’Unione europea. La prima stesura del testo (ora perduta) fu redatta, nel 1941, da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed  Ursula Hirschmann, al confino nell’isola. In quello stesso periodo, le armate naziste erano dilagate ovunque: dall’Atlantico al Mare del Nord; dall’Africa settentrionale ai Balcani e alla Grecia, mentre il fronte russo andava da Leningrado al Caucaso. Immaginare in quelle condizioni un ‘’Progetto per un’Europa libera e unita’’ rappresentava, senz’altro, una visione profetica. Ma la parola ‘’visione’’ ha la stessa radice del sostantivo ‘’visionari’’.

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Non era invece un visionario Jean Monnet, un francese “cittadino del mondo’’ che nel Dopoguerra ebbe l’intuizione da cui scaturì la scintilla della nuova Europa: la massa in comune, nella Ceca, di quelle risorse strategiche del carbone e dell’acciaio, collocate in un cuscinetto di territorio tra la Francia e la Germania, il cui dominio era stato tra le principali cause di ben due Guerre Mondiali. Monnet seppe convincere, della validità della sua idea, il ministro Robert Schumann, altro artefice del percorso che ha portato all’Unione europea. Forse, allora, il ‘’trio Lescano’’, che si è esibito al Festival di Ventotene 2016, farebbe bene a visitare anche altre tombe.

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Mesi or sono mi ha impressionato la vicenda di Fermo, quando venne coralmente deciso che l’ultrà italiano era l’assassino e il profugo nigeriano la vittima (a proposito, come è finita quella storia?). La stessa sgradevole impressione – sia pure in senso contrario – mi ha provocato il caso del presunto sequestro di una bambina di 5 anni sulla spiaggia di Scoglitti (Ragusa) da parte di Ram Lubhay, un ambulante abusivo indiano, il quale, fino a prova contraria, si è limitato a prendere in braccio per qualche minuto la piccola sotto gli occhi dei genitori. Il sostituto procuratore Giulia Bisello, che ha usato (forse perché non aveva a che fare con un politico) una linea di condotta più conforme ai principi del diritto di quella consueta dei suoi colleghi ‘’manettari’’, è stata subissata di critiche.

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Marcello Pera non perde una battuta a sostegno del Sì nel referendum. Ha dichiarato ad un’agenzia che: ‘’Votare ‘no’ significherebbe trasformare in dogma la Costituzione italiana, che sarebbe peggio di quella americana, che come è noto è quasi una religione…”. Il fatto è – pensiamo invece noi – che gli Usa sono e restano un grande Paese proprio per questo loro attaccamento alle istituzioni democratiche, che restano un modello inimitabile di Governo del popolo, dal popolo, per il popolo (come disse Lincoln nel memorabile discorso di Gettysburg).

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Famiglia Padoan. Le colpe dei figli non ricadano sui padri.

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