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Basta un’assicurazione obbligatoria contro le catastrofi per risolvere gli effetti dei terremoti?

Frazione San Lorenzo

Che cosa sono i burkini ? Forse gli abitanti del Burkina Faso ? No, loro si chiamano burkinabé.

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In un articolo su Il Foglio Piercamillo Falasca ha ricordato che, per legge, i contributi pubblici per la messa in sicurezza degli edifici in zone antisismiche erano erogati soltanto ai proprietari delle prime case. E malignamente, il “giovane amico” fa notare che, se un deputato qualsiasi avesse proposto nel disegno di legge di stabilità un emendamento per estendere i benefici anche ai proprietari di seconde case (in quegli ameni luoghi di villeggiatura) sarebbe stato subissato di accuse di voler favorire i “ricchi”. Magari da parte degli stessi che oggi raccontano che, con opportuni accorgimenti, gli edifici sopporterebbero le scosse eretti come fusi. Polonio si chiederebbe – sconsolato – se c’è una logica in questa follia.

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Un’altra favola è quella per cui basterebbe stipulare un’assicurazione (magari obbligatoria) per risolvere, attraverso il risarcimento dei danni, il problema degli oneri della ricostruzione. È stato fatto notare che questa soluzione non è – come vorrebbero far intendere – una sorta di “uovo di Colombo”. Le assicurazione private non sono delle benefattrici che arrivano con un carico di miliardi dopo un terremoto. Devono cercare comunque di coprire la propria redditività. Per raggiungere questo fine seguono normalmente tre diverse vie: escludono dalla copertura le aree più rischiose o gli immobili più esposti in queste aree; pongono franchigie, analogamente a quanto avviene nelle assicurazioni automobilistiche; pongono tetti massimi ai rimborsi. Chiaramente la prima e la terza soluzione appaiono non accettabili alla collettività generale, perchè da un lato significherebbe che una parte della popolazione rimarrebbe senza copertura, dall’altro che i rimborsi stessi potrebbero non essere sufficienti alla ricostruzione degli immobili distrutti. Inoltre, non vi potrebbero essere dei costi standard delle polizze; si renderebbero necessarie delle perizie, delle valutazioni specifiche caso per caso. Tempi lunghi, quindi, che finirebbero per scoraggiare l’iniziativa o per indurre a ridimensionare, allo scopo di risparmiare, l’area del rischio assicurato.

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Ovviamente un obbligo assicurativo contribuirebbe almeno ad un censimento diffuso delle aree di rischio ed anche ad adottare misure di salvaguardia. Ma il problema resterebbe comunque complesso, ben lontano dall’andazzo un po’ facilone di queste ore.

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