Skip to main content

Tutte le idee di Trump e Clinton su difesa, sicurezza e Putin

I generali americani sono stati “ridotti a macerie” da Barack Obama: lo ha affermato Donald Trump durante un forum live sulla sicurezza nazionale della Nbc, cui è intervenuta pure Hillary Clinton (ma i due candidati non sono comparsi in contemporanea). Il magnate repubblicano intende “silurare e sostituire alcuni generali”, se diventerà presidente e, quindi, comandante-in-capo.

Il forum è stata l’occasione, per Hillary e Donald, di esprimere alcune loro idee su difesa e sicurezza. La Clinton, oltre a ribadire di non avere mai messo a repentaglio la sicurezza nazionale utilizzando il suo account mail privato quand’era segretario di Stato (è il cosiddetto emailgate), ha di nuovo definito “un errore da cui imparare” il voto da senatrice nel 2002 a favore dell’invasione dell’Iraq, osservando, però, che Trump, pur avendo sostenuto anch’egli all’epoca quell’iniziativa, ”rifiuta d’assumersene la responsabilità”.

Nel forum intitolato “Commander in chief”, la Clinton ha assicurato che le truppe di terra americane non saranno mandate di nuovo in Iraq, se lei sarà presidente, e ha pure escluso una cosa del genere per la Siria, dove è invece favorevole all’istituzione di una “no fly zone” (cui la Casa Bianca è contraria). Hillary non s’è invece pentita di avere caldeggiato l’intervento in Libia nel 2011, ricordando che pure Trump era allora a favore.

L’ex segretario di Stato ha infine respinto l’etichetta di falco in politica estera, sostenendo di vedere il ricorso alla forza come ”ultima risorsa, non come prima scelta”.

Trump, dal canto suo, ha avuto parole di elogio (ormai non più sorprendenti) per Vladimir Putin, che esercita “un gran controllo sul suo Paese”, diversamente da Obama, e con cui avrà, se sarà presidente, relazioni “molto buone”, a partire dalla cooperazione con la Russia contro il sedicente Stato islamico e il terrorismo integralista. Hillary, invece, addossa a Mosca la mancata soluzione alla crisi umanitaria siriana; “Russi e iraniani si rifiutano di mettere sul presidente siriano al- Assad la pressione necessaria”.

Trump ha anche definito il viaggio in Messico, la scorsa settimana, e l’incontro sull’immigrazione con il presidente Enrique Pena Nieto, conclusosi con una sorta di incidente diplomatico, una prova da comandante-in-capo e ha ammesso di essere rimasto sorpreso da una cosa, senza però dire quale, durante il briefing d’intelligence ricevuto ad agosto.

Alla vigilia del forum sulla Nbc, una novantina di generali e alti ufficiali in congedo hanno firmato e diffuso una lettera nella quale danno il loro endorsement a Trump, chiedendo una “correzione molto tardiva di rotta nel nostro atteggiamento sulla sicurezza nazionale”. Il New York Times ritiene che la lettera abbia l’obiettivo di accreditare il magnate come comandante-in-capo, in vista dei dibattiti televisivi con la rivale democratica, più preparata in politica estera.

Tradizionalmente, i generali e i militari votano più repubblicano che democratico. “Crediamo – scrivono i generali in congedo – che un cambiamento del genere possa essere fatto solo da qualcuno che non è stato profondamente coinvolto” nella gestione dell’apparato militare e delle minacce all’America nel Mondo. Gli alti ufficiali motivano così il loro sostegno a Trump e al suo impegno a “ricostruire le nostre forze armate, rendere sicuri i nostri confini, sconfiggere i nostri avversari integralisti islamici e ripristinare la legge e l’ordine in patria”.

Tra i firmatari, vi sono militari che sostennero il candidato repubblicano nel 2012 Mitt Romney, o che hanno chiesto al Congresso di respingere l’accordo sul nucleare iraniano. Ve ne sono pure noti per avere assunto posizioni controverse: il generale William G. Boykin fu criticato dal presidente George W. Bush per avere definito lo scontro contro i terroristi islamici “una guerra religiosa”; il generale Thomas G. McInerney, analista militare di Fox News, ha invece avviato una causa contro l’eleggibilità di Obama, cui s’è associato lo stesso Trump, perché non sarebbe nato negli Usa – tesi poi rivelatasi falsa –.

(post tratto dal blog di Giampiero Gramaglia)



×

Iscriviti alla newsletter