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La forza di M5S sta nel suo pericoloso settarismo mistico

beppe grillo, m5s, movimento 5 stelle

Nell’ottica di una analisi politico-sociologica, il fenomeno più significativo che sta emergendo in seguito al disastro dell’esperimento pentastellato a Roma è che – stando ai primi sondaggi – sta incidendo solo marginalmente sugli orientamenti degli elettori. Elettori che nelle urne hanno decretato il successo dei 5Stelle malgrado gli analisti politici, o la stragrande maggioranza di essi, avessero per tempo rilevato e conclamato l’inconsistenza delle loro proposte, l’assoluta impreparazione ad una attività di governo, la totale mancanza di una classe dirigente. L’ottima analisi che Polito ha fatto ex-post poteva essere fatta ex-ante, ed in effetti fu sostanzialmente fatta almeno sul piano dell’analisi politica dei più accreditati opinion-maker. Quelle analisi però non ebbero un seguito in una informazione che le traducessero efficacemente in termini riscontrabili nei risultati elettorali. Al contrario, l’informazione soprattutto televisiva, un po’ per premiare gli aspetti spettacolari, un po’ per alimentare esagitati quanto inconcludenti dibattiti, dava ai comizi di Grillo ed alle sue “predicazioni” tanto spazio da consentirgli di rifiutare, e con sdegno, ogni altra presenza televisiva (a questo proposito può essere iscritto tra i fondatori del grillismo persino Santoro).

Soprattutto riflettendo sulla sua genesi e sul successo di adesioni che ha riportato, ed ora sulla sostanziale impermeabilità del suo elettorato al desolante spettacolo di cui a Roma sta dando prova, mi confermo nel giudizio che già ho avuto modo di esprimere in altre occasioni assimilando il Movimento 5Stelle non ad un partito o, tanto meno, ad una ideologia, ma ad una religione, o almeno ad una setta. Per brevità e per farmi capire dirò solo (scusandomi se urto la sensibilità di qualcuno) che avversare il Movimento stesso rilevandone le lacune e le incoerenze, ed ora calcando l’accento sul disastro romano per il più classico degli “l’avevo detto”, è come cercare di convincere un cattolico ad abbandonare la sua fede argomentando che non è possibile che un uomo possa essere concepito da una Immacolata e che, una volta morto, possa risorgere.

Se a questa similitudine può essere riconosciuto un qualche fondamento, allora il passo successivo dovrebbe essere compiuto interrogandosi sui fattori in virtù dei quali questa religione, o setta, si è potuta formare riportando un così ampio seguito. Tra le tante finalità alle quali una religione può assolvere, quelle da chiamare in causa in questo caso credo possano essere essenzialmente due: l’esigenza di un riferimento di speranza contro veri o presunti patimenti (ingiustizie, indigenza, quelli che rubano, la “casta”, chi ci turlupina), e quella non meno forte della reazione ad un frustrante anonimato che induce ad unirsi ad una comunità nella quale sentirsi “cittadino” come ogni altro e quindi partecipe-artefice di un comune futuro più giusto e più sereno (Rousseau, appunto, non Montesquieu, com’è stato acutamente osservato). Alla prima esigenza il grillismo risponde con la ripetizione di principi astratti, slogan morali ossessivamente recitati talvolta recitati come vere e proprie giaculatorie rituali, comunque avulsi da ogni concreto contenuto spendibile sul piano operativo-amministrativo e da ogni considerazione per le ragioni della efficienza e della competenza (onestà, scontrini, stipendi, trasparenza); alla seconda risponde con “l’uno vale uno” perché chiunque di loro venga chiamato ad un incarico pubblico non deve essere altro che il portavoce di volontà che si formano e si esprimono attraverso la rete, al punto che non ha rilevanza alcuna chi a quell’incarico venga chiamato (una moderna e tecnologica versione di un deleterio assemblearismo).

L’applicazione di questa mistica ad una esperienza di governo non poteva che generare disastri (il caso di Torino, che alcuni hanno richiamato quasi a compensazione del marasma romano, è diverso anche per la personalità e la storia della Appendino: li c’è un grillismo molto annacquato, molto meno integralista di quello di Roma e molto più connesso con la classe dirigente torinese). Come combattere la forza che questa religione, o setta, ha conquistato è cosa sulla quale occorrerebbe una mobilitazione ben più organica e determinata di quella vista finora. Certo non la si combatte con le banali polemichette a base di scontati luoghi comuni che stanno emergendo dalle forze politiche avversarie.


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