Donald Trump non si fa scrupolo di infiammare la campagna elettorale, cavalcando l’incubo della minaccia terroristica e giocando sulla paura dell’America, alimentata dai nuovi allarmi domenica sera, tra New York e New Jersey, dopo un sabato di violenza, esplosioni e sangue.
Trump dice: “Gente, viviamo in un momento in cui dobbiamo usare le maniere forti. Dobbiamo usare le maniere molto, molto, molto forti”. Hillary Clinton, invece, sceglie la via della prudenza e dell’esperienza: è vicina alle vittime, ma avverte che “è sempre più saggio attendere informazioni prima di trarre conclusioni”.
L’esplosione d’un ordigno e il rinvenimento d’un altro a Chelsea, a sud-ovest di Manhattan, ancora senza moventi né responsabili, come la deflagrazione senza vittime in New Jersey, oltre all’accoltellamento di otto persone in un centro commerciale del Minnesota da parte di un uomo che il sedicente Stato islamico ha poi definito un proprio soldato, sono per il magnate occasioni per guadagnare consensi.
“E’ terribile quello che sta succedendo nel nostro Mondo, nel nostro Paese. Noi dobbiamo usare le maniere forti, dobbiamo essere intelligenti e vigili”, dice ai suoi fan a Colorado Springs, parlando dell’esplosione di una bomba ancora prima che le autorità ne ammettessero l’esistenza. In un tweet, lo showman, poi, esprime i “più caldi saluti, auguri e condoglianze a tutte le famiglie e alle vittime dell’orribile bomba a New York”, che non ha fatto morti.
La Clinton parla ai cronisti sull’aereo della sua campagna e poi diffonde un comunicato, dove “condanna con forza” gli “apparenti attacchi terroristici” a New York, nel New Jersey e in Minnesota. A suo avviso, la rivendicazione dell’accoltellamento da parte del Califfato “deve convincerci a difendere gli Usa e a sconfiggere” il sedicente Stato islamico.
Trump ha interesse a mettere in rilievo la vulnerabilità del Paese, dove “lupi solitari” hanno colpito alla maratona di Boston, a San Bernardino e a Orlando, solo per citare gli episodi più gravi. Vari strateghi elettorali ritengono che uno o più attentati sul suolo americano in prossimità del voto, specie se ispirati all’estremismo islamico, potrebbero spostare voti verso il magnate.
Se la “strategia della tensione” paga in termini elettorali, lo potranno indicare i prossimi sondaggi. Scrive sull’Ansa Claudio Salvalaggio: “L’allarme attentati, il senso di insicurezza fanno il gioco del tycoon, che continua a dipingere il Paese a tinte fosche. Nelle rilevazioni il magnate è spesso preferito alla Clinton sul capitolo ‘sicurezza’. Del resto lui s’è presentato fin da subito come candidato ‘law and order’ (riciclando il motto di Nixon) e ha declinato il suo slogan principale (‘Make America Great Again’) anche nella versione ‘Make America Safe Again'”.
Tra le proposte di Trump, oltre alla deportazione di 11 milioni di immigrati illegali, soprattutto ispanici, c’è quella di bandire dagli Usa tutti i musulmani, poi edulcorata col divieto d’ingresso agli immigrati provenienti da Paesi contaminati dalla piaga del terrorismo, a partire dalla Siria, e con l’introduzione di un test d’ingresso nell’Unione.
“Fiutando l’aria che tira – scrive ancora Salvalaggio –, Trump non perde mai occasione di sfruttare attentati o sparatorie indicandole come la prova di un’America indifesa, anche se resta un paladino di quelle armi che sono la causa di molte tragedie […] Cinicamente, per il tycoon quello sta accadendo porta acqua al suo mulino”.
Anche per questo, la Clinton lo definisce “il miglior reclutatore” dell’auto-proclamato Califfo. E il sedicente Stato islamico fa il tifo per lui, convinto che retorica anti-Islam e frasi bellicose lo rendano “il nemico perfetto”, perché tendono a radicalizzare i musulmani in America e in Europa e consentono al Califfo di fare nuovi proseliti. “Chiedo ad Allah di portare Trump all’America”, ha scritto in agosto un portavoce integralista su Nashir, canale dello Stato islamico su Telegram.