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Che cosa cambia con il rinvio della decisione della Consulta sull’Italicum

matteo renzi

A leggere i giornali non si capisce che cosa abbia voluto dire o fare la Corte Costituzionale rinviando a dopo il referendum costituzionale l’esame e il giudizio sulla nuova e ancora inapplicata legge elettorale per la Camera, come da qualche giorno si era capito che stessero decidendo al Palazzo della Consulta. Dove pure l’udienza per discutere e sentenziare era già stata fissata per il 4 ottobre, giorno di San Francesco protettore d’Italia, e ispiratore di Papa Bergoglio, che ne ha assunto –primo nella storia dei Pontefici- il nome.

E’ una mazzata, uno sgambetto a Matteo Renzi, come ha raccontato Il Giornale della famiglia Berlusconi? O “un aiutino”, sempre a Renzi, come ha titolato su tutta la prima pagina Il Manifesto, preferendolo ad altre più clamorose notizie, come il rapimento degli italiani in Libia e il terrorismo a New York ?

Al Manifesto, sia pure meno vistosamente, hanno fatto compagnia i giornali del gruppo Riffeser Monti – Il Giorno, il Resto del Carlino e la Nazione – scrivendo che il rinvio della Corte Costituzionale “agevola” il presidente del Consiglio nella difficile partita del referendum sulla sua riforma costituzionale.

Nell’appuntamento referendario molti, a sinistra ma anche a destra, hanno annunciato o fatto capire di voler passare dal no già annunciato o minacciato al sì se prima capiranno bene la fine della legge elettorale nota come Italicum, volendone una modifica: chi per eliminare il ballottaggio, visto il vantaggio che potrebbero ricavarne i pur incasinati grillini sull’onda di ciò che è accaduto nelle elezioni amministrative di giugno, chi per assegnare il premio di maggioranza non alla lista ma alla coalizione più votata, chi per ritornare praticamente, con qualche aggiornamento, ai collegi uninominali della legge con cui si votò nel 1994. E che porta il nome dell’attuale capo dello Stato, sia pure in latino: cioè Mattarellum.

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Per valutare bene le cose, e quindi anche il significato o la portata del rinvio deciso dalla Corte Costituzionale, bisognerebbe conoscere bene le intenzioni di Renzi. Che è cosa obiettivamente difficile perché non si è mai ben capito quanta tattica e quanta strategia, cioè quanta sincerità, ci fosse nelle aperture annunciate dal presidente del Consiglio alla riforma della riforma elettorale reclamata dai critici dell’altra riforma ancora, quella costituzionale. Ma modifiche all’Italicum sono state chieste anche dal presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano e dai ministri Dario Franceschini e Andrea Orlando in modo esplicito, dal capo dello Stato in via riservata ma non troppo, visto che se ne scrive e se ne parla di frequente senza essere smentiti.

Certo, un pronunciamento della Corte contro qualche parte della legge elettorale Italicum prima del referendum avrebbe favorito Renzi nella raccolta dei sì alla riforma costituzionale perché, a prescindere dalla volontà e dagli eventuali tatticismi del presidente del Consiglio, i tentati dal passaggio dal no al sì avrebbero avuto la certezza del cambiamento delle regole elettorali.

Un rinvio della decisione della Corte Costituzionale a dopo il referendum, comunque verrà motivato sul piano tecnico o giuridico, impone a Renzi maggiore chiarezza nell’apertura al cambiamento dell’Italicum, senza più limitarsi a chiedere ai critici e alle opposizioni di formulare bene le loro proposte per poterne valutare la praticabilità con i numeri parlamentari, ma soprattutto per dire bene che cosa il governo possa o voglia condividere o rifiutare. Sotto questo profilo avrebbe ragione il Giornale a scrivere di una mossa della Corte Costituzionale che “inguaia” il presidente del Consiglio.

Se invece Renzi avesse aperto a modifiche vere e persino radicali dell’Italicum solo tatticamente, cioè per finta, pensando di poter comunque vincere il referendum costituzionale e riservandosi poi di trattare la materia elettorale da posizioni di forza, concedendo il meno possibile, o rimettendosi solo ai cambiamenti che dovessero intervenire automaticamente per le valutazioni della Corte Costituzionale, sempre dopo il voto referendario, allora avrebbero ragione il Manifesto e gli altri giornali che hanno interpretato il rinvio annunciato dalla Consulta come una mano al presidente del Consiglio.

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Una cosa, comunque, mi sembra che si possa obbiettivamente riconoscere alla Corte Costituzionale: di essersi sottratta, con la decisione del rinvio, a fare entrare nel dibattito referendario le sue valutazioni della legge elettorale impugnata. Ciò avrebbe reso la Corte in qualche modo partecipe della lotta politica.

Mazzata o aiuto che possa alla fine rivelarsi ai fini dell’esito del referendum e degli interessi politici del presidente del Consiglio, il rinvio annunciato dal Palazzo della Consulta mi sembra ragionevole. Quanto meno, di buon senso. Ognuno adesso potrà assumersi liberamente le sue responsabilità: gli elettori votando, quando finalmente verrà il momento, e il governo e i partiti affrontando più concretamente e chiaramente il problema della riforma dell’Italicum. Una riforma, peraltro, che potrebbe anche rendere inutile o modificare tutto il procedimento aperto davanti alla Corte per il sopraggiunto cambiamento delle condizioni in cui sono maturati i ricorsi al suo esame.


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