Lo sviluppo dello spazio equivale a uno sviluppo economico e l’Italia, che è già la sesta potenza mondiale nel settore, intende continuare a investire e a valorizzare le proprie eccellenze, anche perché possiede l’intera filiera di prodotti e di competenze. E’ la sintesi dell’incontro organizzato dall’Aspen Institute Italia e da Leonardo-Finmeccanica su “Geopolitica ed economia dello spazio”. Un settore che Luigi Pasquali, amministratore delegato di Telespazio, ha riepilogato con queste cifre: 6 mila addetti in Italia con un fatturato di 1,6 miliardi che arrivano a 3 miliardi con l’indotto; 1.400 satelliti sopra le nostre teste lanciati da 53 Paesi anche se la maggior parte sono naturalmente di Usa, Cina, Russia ed Europa occidentale. Ciò che serve all’industria dello spazio, ha detto Pasquali, “sono più finanziamenti per conservare l’alto livello tecnologico”.
Il governo ha dato finanziamenti e sollecita una sempre più stretta alleanza pubblico-privato, ha ricordato il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini. Il piano della cosiddetta Space Economy, infatti, ha già ottenuto il via libera dal Cipe per 350 milioni che dovrebbero attivare investimenti per 1,1 miliardi. Tre gli obiettivi indicati dal ministro: un’evoluzione dei progetti Copernicus sull’osservazione della Terra e Galileo sulla navigazione satellitare; una sempre maggiore ricerca per produrre tecnologie; un’autonoma capacità di accesso allo spazio. A questo si aggiunge una visione europeista nel settore. Giannini si è anche detta d’accordo con Mauro Moretti, amministratore delegato di Leonardo, sul fatto che nell’Agenzia spaziale europea “dovremo avere posizioni di comando non solo a livello tecnico, ma anche decisionale e politico”. Secondo Moretti “la dimensione dello spazio è globale e dunque quella nazionale è insufficiente. Occorrono piani di investimento chiari per arrivare a una superiorità tecnologica, invogliando così investitori che nel mondo in questo momento hanno molti fondi fermi in attesa di scegliere dove collocarli”.
Un tesoro. Un vero tesoro di informazioni è quello che si ottiene grazie ai satelliti e per Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia spaziale italiana, se oggi è banale avere i dati gps o i segnali che arrivano dalle parabole tv, domani “avremo in tasca la stabilità degli edifici o il movimento di un singolo uomo. La grande sfida, perciò, è imparare a usare i terabyte, i big data dello spazio che hanno un contenuto informatico unico”. L’Italia è il terzo contributore dell’Esa e dai nostri investimenti nell’Agenzia europea tornano indietro dall’1 al 3 per cento in più. “Ma 1 euro investito in Paesi come Stati Uniti e Russia si moltiplica per cinque” ha aggiunto Battiston che rileva una criticità: “In Italia la cosa più difficile non è fare le cose, ma farle insieme, fare sistema”. Jeremy Wyatt, docente di robotica e intelligenza artificiale all’università di Birmingham, ha illustrato i progressi dei robot spaziali mentre Jakob Van Zyl, direttore della Nasa per le esplorazioni del sistema solare, ha confermato per il 2018 il lancio della missione per Marte e che a breve la missione Juno raggiungerà Giove.
Nel giugno 2018 è previsto un appuntamento fondamentale per il futuro globale della Space strategy: la conferenza Onu “Unispace+50”, in cui tra l’altro si farà il punto su quelli che Simonetta Di Pippo, direttore dell’ufficio delle Nazioni Unite che si occupa di spazio, ha definito “i quattro pilastri”: space economy, space society, space accessibility e space diplomacy. Certo molto tempo è passato dal 4 ottobre 1957, quando l’Unione sovietica lanciò lo Sputnik e Lyndon Johnson, futuro presidente degli Stati Uniti, parlò di “nuova Pearl Harbour” a dimostrazione della valenza politica della ricerca spaziale. Lo ha ricordato Gianni De Gennaro, presidente di Leonardo, aggiungendo un’altra data: il 15 agosto scorso, quando la Cina “ha lanciato il primo satellite per comunicazioni quantistiche”. Che, con le tecnologie odierne, significa che quelle comunicazioni non sono intercettabili.