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Ercole Incalza e gli ultimi frutti marci del giustizialismo mediatico

Ercole Incalza

Invito chi non ne avesse avuto l’opportunità a leggere l’articolo di Giuliano Pisapia su La Repubblica di sabato scorso, intitolato “La strada per firmare la pace tra politica e giustizia”. L’ex sindaco di Milano, avvocato di fama e già presidente della Commissione Giustizia della Camera e, soprattutto, persona perbene, prende le mosse dall’assoluzione da accuse infamanti per dei politici, di Ignazio Marino e Roberto Cota; ricorda i capisaldi di una cultura garantista sottolineando il vero significato di atti giudiziari (come l’iscrizione nel Registro degli indagati o l’invio di un avviso di garanzia) che, emanati a tutela del cittadino, si sono trasformati in una presunzione, spesso assoluta, di colpevolezza e in un’occasione di gogna mediatica che rovina, per anni, la vita dei malcapitati e delle loro famiglie. In tale contesto, Pisapia invita, tra le altre significative considerazioni, gli uffici giudiziari a perseguire le solite fughe di notizie e i giornalisti a rispettare il codice etico e deontologico della loro professione.

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Nello stesso giorno, sul Corriere della Sera, un colonnino di una ventina di righe a pagina 23 in basso a destra, dava la notizia dell’archiviazione per l’accusa di associazione a delinquere per corruzione a carico di Ercole Incalza, già a capo della Struttura di Missione del Ministero delle Infrastrutture e dell’imprenditore Stefano Perotti. L’inchiesta aveva preso il nome di: i due erano stati accusati di essere al centro di una rete di malaffare che coinvolgeva le principali opere pubbliche del Paese. Nel decidere l’archiviazione anche di tutti gli altri fatti contestati, il gip di Firenze, su richiesta dei pm, ha scritto che “gli elementi emersi dalle indagini preliminari non sono sufficienti a fondare l’accusa in giudizio”. Bene. Andatevi a rileggere i titoli di prima pagina e i servizi di centinaia di righe che commentarono, a suo tempo, la vicenda. Messo a confronto con Incalza, Al Capone faceva la figura del rubagalline.

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A “8 e ½” il Procuratore Nicola Gratteri ha dichiarato che per combattere la criminalità organizzata ci vorrebbero altri codici penali e di procedura penale e un diverso regolamento del sistema carcerario allo scopo di rendere non conveniente delinquere. Bontà sua, ha aggiunto “nel rispetto della Costituzione”. Chi scrive, però, ha avvertito un brivido nella schiena.

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