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Cosa si è detto alla Leopolda

I militanti la chiamano la Leopolda della “pancia a terra”, quella che prelude alla sfida fondamentale del prossimo 4 dicembre. Una sorta di dentro o fuori per un’intera generazione politica cresciuta al fianco dell’ex presidente della Provincia di Firenze, divenuto poi segretario del Pd e capo del governo italiano. Matteo Renzi c’è, ma si affaccia solo per un saluto: parlerà domani quando ha già promesso di volersi togliere più un sassolino dalla scarpa.

In mattina il protagonista è ancora una volta l’altro Matteo, l’amico ritrovato che – dopo il distacco dell’ultimo anno – è tornato a indossare i panni del renziano di ferro in vista dell’appuntamento più importante. E’ Richetti a condurre i giochi dal palco, nell’insolita veste di conduttore.  Nel frattempo in platea la mattinata è scandita dai lavori dei tavoli tematici: l’anno scorso erano stati abbandonati, ma la kermesse – come aveva affermato anche qualche sostenitore di Renzi, come Claudio Velardi – aveva finito con l’assomigliare troppo a una vecchia festa di partito. Simile in tutto e per tutto ai ritrovi della sinistra Pd – quella che ormai fa campagna elettorale attiva per il No – di cui da queste parti nessuno vuole neppure sentir parlare.

36 i tavoli allestiti per l’occasione: si discute di legge di bilancio, industria, difesa, sviluppo tecnologico, energia e molto altro. La squadra dei ministri è praticamente al completo: tutti o quasi arruolati perché in questo clima da derby – con un bel pezzo d’Italia coalizzato contro Renzi e la sua riforma – è necessario fare quadrato. In pratica manca solo la pattuglia di Area popolare, oltre a qualche forfait già annunciato come quello del ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, intervenuto nella serata di ieri.

La più cercata e fotografata – come sempre – è Maria Elena Boschi, che alla Leopolda si muove da vera padrona di casa. Da queste parti ha preso il via la sua carriera politica che l’ha portata a soli 35 anni a scrivere una delle riforme più discusse della storia d’Italia, destinata – comunque vada il referendum – a cambiare il corso politico di oggi e di domani. Un luogo che – nononstante tutto – le ha sempre dispensato applausi. Anche nei momenti più difficili, come lo scorso anno con la vicenda banca Etruria appena esplosa.

Lo spettro che si agita sono, invece, i sondaggi che danno ancora il No in vantaggio sul Sì. Il popolo della Leopolda fa finta di non pensarci, ma in realtà – si capisce dai discorsi che si rincorrono tra i tavoli – la mente non può che correre là. Al 4 dicembre: data spartiacque per il governo, ma anche e soprattutto per Renzi e il renzismo. “C’è la consapevolezza che questa classe dirigente sia a un passaggio politico decisivo“, commenta un affezionato della Leopolda come il sottosegretario Tommaso Nannicini, uno degli uomini chiave delle politiche economiche di Palazzo Chigi. Da questa stazione di Firenze ormai sette anni fa un gruppo di giovani politici annunciò di voler arrivare al governo del partito e del paese.

Ce l’hanno fatta, ma adesso arriva in fondo la sfida più difficile. La sfida delle urne nella quale l’esecutivo targato Matteo Renzi sarà valutato sul provvedimento fondamentale su cui si è principalmente impegnato fin dal suo insediamento agli inizi del 2014. Sono passati quasi tre anni da allora. Il momento della verità è dunque giunto: agli italiani la decisione finale.


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