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Come sarà modificato (forse) il nuovo codice appalti

Il mondo del’edilizia chiama e l’Anac risponde. “Occorre mettere immediatamente mano al nuovo codice degli appalti“, ha ribadito ieri il vicepresidente di Ance con delega alle opere pubbliche e numero uno dei costruttori romani Edoardo Bianchi. “Si può fare qualcosa fin da subito, senza aspettare il correttivo programmato per fine aprile: norme che servano a sbloccare il sistema“, ha risposto Michele Corradino, l’uomo che all’interno dell’Autorità Anticorruzione si sta occupando di dare attuazione alle regole contenute nel codice degli appalti varato lo scorso aprile da Palazzo Chigi.

L’APPUNTAMENTO

I due si sono ritrovati insieme ieri nella sede romana dell’associazione per parlare dell’ultimo libro scritto da Corradino – dal titolo “E’ normale…lo fanno tutti” ed edito da Chiarelettere (qui il resoconto di Formiche.net in occasione dell’evento di presentazione del volume a inizio ottobre) – ma era inevitabile che si finisse con il parlare soprattutto di altro. Anche perché la platea – formata più che altro da piccoli imprenditori del settore delle costruzioni – era alla ricerca di chiarimenti e spiegazioni in merito alla nuova disciplina degli appalti che tanti problemi ha creato da aprile a oggi.

LE DIFFICOLTA’ DEL CODICE E IL RUOLO DEL GOVERNO

Uno stato di fatto riconosciuto anche da Corradino per il quale “le difficoltà non possono essere negate: le statistiche evidenziano ad oggi un calo di oltre il 30% degli appalti pubblici rispetto al periodo precedente l’entrata in vigore del nuovo codice“. Da qui la necessità di introdurre alcune modifiche: entro aprile il governo dovrà approvare il decreto correttivo al codice, ma l’ipotesi – avanzata da Ance e sostenuta anche da Corradino – è di anticipare alcune delle misure più urgenti con un provvedimento da varare per la fine del 2016. Il compito però – ha evidenziato il braccio destro di Raffaele Cantone – spetta al governo e non all’Anac, come ha confermato pure Bianchi: “La cabina di regia dell’esecutivo ancora non si è insediata. Ci pare un po’ strano perché è da aprile che si parla della necessità di migliorare subito il nuovo codice“. Al momento, in pratica, si sa soltanto che la cabina di regia sarà presieduta dal capo del dipartimento affari giuridici e legislativi di Palazzo Chigi Antonella Manzione, ex comandante della polizia municipale di Firenze e fedelissima di Matteo Renzi.

IL BLOCCO DEGLI APPALTI SECONDO CORRADINO

Sottolineate le difficoltà del nuovo codice, Corradino si è anche detto convinto che a causare il blocco degli appalti pubblici – con le relative, pesanti, ripercussioni sulle imprese e i lavoratori – abbiano concorso pure altri elementi. “I problemi si erano già palesati a novembre 2015” – ha spiegato – “dal momento in cui è stato introdotto il sistema di centralizzazione degli appalti: da quando i comuni sono stati costretti ad aggregarsi per fare gli appalti o procedere agli acquisti, guarda caso, non hanno più avuto bisogno di nulla“. A ciò si aggiunga quella che Corradino ha definito “la burocrazia della conservazione“: la lentezza con cui gli apparati della pubblica amministrazione si adeguano alle nuove norme in nome di una sorta di “culto del precedente“.

IL FATTURATO DELLE IMPRESE

Ma quali sono gli interventi normativi che le imprese vorrebbero rendere operativi fin da subito? Innanzitutto – ha sottolineato Bianchi – la regola che esclude dalle gare le imprese prive di un determinato fatturato da calcolarsi sulla base dei risultati ottenuti nei cinque anni precedenti il bando. I costruttori chiedono che si torni ai 10 anni previsti dal vecchio codice perché l’ultimo quinquennio – all’insegna della crisi più profonda – è stato caratterizzato da fatturati bassissimi che, ad oggi, finiscono con l’escludere automaticamente dalle gare moltissime imprese. “Invece di farle lavorare, glielo impediamo“, ha commentato a tal proposito il vicepresidente dell’associazione dei costruttori.

L’OFFERTA ECONOMICAMENTE PIU’ VANTAGGIOSA

E poi, ancora, la norma che – per gli appalti di importo superiore al milione di euro – prescrive l’utilizzo obbligatorio del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa: cioè il criterio che – nell’aggiudicare gli appalti – tiene conto, oltre al prezzo, anche di aspetti tecnici come le migliorie al progetto, il tempo di esecuzione e l’organizzazione del cantiere. L’Ance chiede che il suo utilizzo obbligatorio scatti ad una cifra superiore, almeno due e milioni e mezzo di euro. Fino a quella somma propone di utilizzare il criterio dell’esclusione automatica delle offerte anomale con metodo anti-turbativa. In sostanza, si tratta del criterio del massimo ribasso – che nell’aggiudicare gli appalti si basa esclusivamente sul prezzo – mitigato però dall’introduzione di un meccanismo che consenta più facilmente di individuare ed escludere le offerte anomale e di evitare che le imprese si accordino tra loro sul costo dell’appalto.

LE OPERE DI URBANIZZAZIONE A SCOMPUTO

Altro tema caldo sono le cosiddette opere di urbanizzazione a scomputo secondarie che, ad esempio, i proprietari privati di un terreno sono obbligati a realizzare quando decidano di edificare. Si tratta di opere come asili nido, scuole, mercati rionali, aree verdi e molto altro. Un certo costruttore vuole edificare un nuovo quartiere su un terreno di sua proprietà o di altro privato?  Il codice degli appalti prescrive che debba procedere a bandire una gara in tutto e per tutto uguale a quelle tipiche delle pubbliche amministrazioni. “Ma non va bene perché ai privati non si possono chiedere gli stessi requisiti che si pretendono, ad esempio, da Ferrovie dello Stato“, ha commentato Bianchi. Da qui la proposta: fare sì una gara, ma un po’ diversa, tramite una procedura ad evidenza pubblica cui partecipino, però, solo alcune imprese espressamente invitate. “Si tenga conto” – ha concluso Bianchi – “che a Roma e in molte altre città italiane la principale stazione appaltante non sono le pubbliche amministrazioni ma i privati. Se blocchiamo anche loro, blocchiamo tutto“.

LE RED FLAGS PER LA SEMPLIFICAZIONE

L’obiettivo di fondo da perseguire – a proposito non solo del codice degli appalti, ma di tutta la pubblica amministrazione in generale – lo ha indicato Corradino: “Il Paese non è libero se non è semplice. La corruzione e il malaffare si nutrono di burocrazia“. Da questa convizione l’esigenza di un processo di semplificazione che preveda, innanzitutto, “tempi certi“. In questo senso – ha raccontato il consigliere dell’Anac – è nato il progetto delle cosiddette “red flags”, veri e proprio indicatori di possibili situazioni di anomali: “Abbiamo scoperto che fenomeni di corruzione o di inefficienza nella pubblica amministrazione sono sempre accompagnati dalle stesse circostanze“. Uno degli indici fondamentali, in questo senso, è rappresentato dal fattore tempo: se, ad esempio, dalle verifiche effettuate risulti che – per compiere un certo atto – la maggior parte degli uffici pubblici impiega un certo tempo, mentre solo alcuni molto di più, ecco che dovrebbero accendersi i riflettori. Perché è probabile che quei ritardi rispetto agli standard nascondano casi di illegalità.


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