Non colpi di avvertimento, ma un vero e proprio attentato, “un odioso atto di terrorismo”. A poche ore dall’attacco di ieri contro il Console generale italiano a Bengasi, rimasto illeso, ormai sembra chiaro: chi ha sparato, lo ha fatto per uccidere. E l’obiettivo era proprio lui, Guido De Sanctis, uno dei pochi diplomatici stranieri rimasti in Cirenaica dopo l’attentato dell’11 settembre scorso al consolato statunitense, in cui persero la vita quattro cittadini americani tra cui l’ambasciatore Chris Stevens.
De Sanctis, che la prossima settimana lascerà la Libia per assumere il suo nuovo incarico di ambasciatore a Doha, in Qatar, è rimasto illeso e sta bene. Il dispositivo di sicurezza, rafforzato dalla Farnesina negli ultimi mesi, ha funzionato perfettamente. Il blindato messo a disposizione del Console ha retto alla forza d’urto dei proiettili, sparati ad altezza della testa da una vettura che proveniva da un incrocio poco distante, come ha raccontato lo stesso diplomatico. I segni sui finestrini della jeep corazzata sono ancora evidenti.
E’ stato “un odioso atto di terrorismo”, ha commentato il ministro Terzi, “un tentativo di destabilizzare le istituzioni della nuova Libia, rispetto al quale l’Italia esprime la condanna più ferma e riconferma il suo pieno sostegno al percorso democratico e di riforme avviato dalle Autorità di Tripoli”, ha aggiunto il titolare della Farnesina.
Roma ha avuto garanzie sul massimo impegno di Tripoli “per assicurare alla giustizia i responsabili di questo vile atto terroristico”, ha spiegato Terzi che, “sollevato” per l’incolumità del Console, cha chiamato il suo omologo libico Abdelaziz “per un approfondimento dei fatti di ieri a Bengasi”.
Il capo della diplomazia di Tripoli ha espresso “la solidarietà del governo e del popolo libico per l’odioso attentato”, “riconfermando la determinazione di Tripoli nell’individuarne e perseguirne i responsabili”.