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Come voteranno i dem al referendum del 4 dicembre

‘’Matteo Salvini va da Putin e rischia l’arresto’’. Almeno così hanno titolato alcuni giornali. Colto mentre scattava delle foto nella Piazza Rossa, gli agenti lo hanno bloccato. Come erano belli i tempi in cui si cantava: ‘’E noi faremo come la Russia…’’!

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Pompeo sarà il nuovo capo della CIA. Per caso di nome fa Gneo?

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Secondo il sondaggio di Demos commissionato da Repubblica (si veda l’ampio commento di Ilvo Diamanti sul quotidiano di venerdì 18 novembre) uno dei risultati più netti a favore del No nel referendum del 4 dicembre (43% contro il 35%) sarà in quella parte dell’Italia indicata come ‘’zona rossa’’ ovvero nella fascia di regioni da sempre dominate prima dal Pci, poi dalla sinistra. Poiché in quelle aree al centrodestra rimangono – salvo qualche eccezione – solo gli occhi per piangere, si vede che gran parte dell’elettorato dem è intenzionato a dare una lezione a Matteo Renzi. La considerazione è tanto più fondata se si osservano le previsioni riguardanti il voto nella fascia settentrionale del Paese dove ben due grandi regioni, Lombardia e Veneto, sono governate da coalizioni di centrodestra e dove è fortissima la Lega: il distacco tra No e Sì è stimato pari ad appena due punti (38% contro 36%).

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Occhio allo spread. Quando verrà meno l’ombrello protettivo della Bce torneremo a preoccuparci. Sergio Mattarella si aspetti una telefonata da Berlino e Parigi.

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Correttamente Vincenzo De Luca ha chiesto scusa a Rosi Bindi. Che l’espressione, sgradevole, usata nei confronti della presidente dell’Antimafia fosse una minaccia è, tuttavia, una pura invenzione. Il ‘’te possino ammazzà’’, a Roma, viene usato anche, per scherzo, tra amici. De Luca non l’ho mai conosciuto, ma gode comunque della mia più ampia considerazione da quando ha definito come meritano i capintesta del M5S.

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Una cosa non perdonerò mai a Matteo Renzi: di avermi costretto a votare nel referendum come i pm di Palermo.

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Lo confesso: non mi sono mai interessato alle avventure del commissario Montalbano. Ma quando è letto sul Corriere della Sera ciò che pensa di Matteo Renzi (‘’E’ un giocatore avventato e supponente. Mi fa paura quando racconta balle: ad esempio che il futuro dei nostri figli dipende dal referendum’’) Andrea Camilleri mi è diventato simpatico.

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C’è una figura retorica – credo che si chiami sineddoche – che serve ad indicare una parte per il tutto. La usano in tanti, a loro insaputa, quando nei confronti sul referendum ricordano ai loro interlocutori che la riforma delle pensioni di Elsa Fornero è stata approvata in 17 giorni. In verità quel’importante provvedimento consisteva in un solo articolo (l’art.24) del decreto Salva Italia. Fu questo decreto, ben più ampio, ad essere convertito in poco più di due settimane.

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Se ci fosse ancora bisogno di sottolineare che il bicameralismo paritario non ha le colpe che gli attribuiscono basterebbe ricordare che anche la riforma del mercato del lavoro del Governo Monti (un disegno di legge che percorse l’iter normale per la sua approvazione) arrivò in porto in meno di quattro mesi, nonostante l’ampiezza della materia affrontata.

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Vogliano tornare al tramonto della Prima Repubblica? Il Primo Governo Amato tra il luglio e il dicembre del 1992 realizzò, in due tempi, una manovra complessiva da 120mila miliardi di lire, contenente le riforme della previdenza, della sanità, del pubblico impiego e della finanza locale, inclusa la maggior parte dei decreti attuativi delle norme di delega previste. Slittarono alla primavera successiva soltanto il decreto sul pubblico impiego e quello sulla previdenza complementare. Eppure, non c’era solo il problema del bicameralismo e della navetta tra le due Camere. In quei mesi il Parlamento era sotto il tiro incrociato delle Procure, nella tragicommedia di Tangentopoli.

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La Repubblica del 18 novembre ha denunciato un altro caso di mala scuola. Limitiamoci a riportare i titoli: ’’Roma, alle elementari Ferrini non si riesce a trovare una maestra di matematica. E nelle ore di buco i bimbi finiscono anche nei corridoi. Diciotto supplenti in undici mesi ‘’cosi’ i nostri figli non sanno contare’’. Interpellato in proposito l’Ufficio scolastico del Lazio fa sapere che, per evitare la ‘’deportazione’’, i vincitori di cattedra trovano ogni possibile pretesto – ‘’tutto a rigore di legge’’ – per non prestare il servizio: dalla malattia all’assistenza ad un parente disabile, fino all’assegnazione provvisoria sotto casa.

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“Resto aperto a considerare quali idee il nuovo presidente trump propone, e quando e come può concretarsi un lavoro comune. […] se il nuovo presidente fa sul serio nel perseguire politiche di sostegno alle famiglie dei lavoratori, gli offrirò delle opportunità molto concrete di avere il mio sostegno”. Così Bernie Sanders sul New York Times. Alla faccia di quanti in Italia sostengono che, se candidato, Sanders avrebbe battuto Trump. Si conferma anche Oltre-Oceano ciò che in Europa sappiamo da un pezzo. E cioè che il populismo antiglobalizzazione è un fenomeno trasversale di destra e di sinistra.


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