Ieri, con il rito della chiusura della Porta Santa, è terminato il Giubileo Straordinario della Misericordia. Si è trattato indubbiamente di un periodo considerevole nella storia della Chiesa contemporanea, per la stessa città di Roma, e un momento fondamentale del pontificato di Francesco.
Il Papa, che ha indetto quasi all’improvviso un anno e mezzo fa questo pellegrinaggio del mondo verso la Capitale, ha voluto dare al tema prescelto non i caratteri volanti di un momento passeggero, ma l’indicazione permanente e decisiva di una cristianità che è, oggi più che mai, una comunità globale in cammino verso la misericordia.
Nella Lettera Apostolica di commiato dall’anno santo uscita oggi, il Papa ha voluto perciò proporre delle indicazioni molto precise che resteranno anche in futuro al centro della predicazione e al vertice degli obiettivi apostolici di evangelizzazione della Chiesa.
Punto essenziale è la generosità. La comprensione della teologia della misericordia ne esprime il segno ultimo, anche se non è altrettanto semplice da intuire il suo significato soprannaturale. La misericordia soprattutto richiede di afferrare il contenuto autentico di tutta la dottrina cristiana, della realtà di Dio e della sua Verità, comunicata agli uomini attraverso l’Incarnazione, nonché la testimonianza viva e vissuta da tutti i fedeli della Passione, Morte e Resurrezione di Gesù Cristo.
La misericordia, in effetti, è un atto propriamente divino. Come spiegava Tommaso d’Aquino, essa riferisce di un’azione che Dio compie per il genere umano, un gesto di “innalzamento”, vale adire l’espressione della volontà gratuita con cui per amore l’esistenza umana viene sopraelevata dal peccato: “La misericordia in sé stessa è la più grande delle virtù, infatti spetta ad essa elevare le miserie altrui”.
È chiaro pertanto che tutto il mistero della Redenzione è spiegabile con la misericordia divina, ossia con la dedizione con cui Dio ha donato la vita di suo Figlio per la Salvezza di ogni persona umana.
Nel Documento il Papa utilizza, per illustrare questa verità, esempi tratti dal Vangelo. In particolare il rapporto tra Gesù e l’adultera che personificano rispettivamente la misericordia divina e la miseria del peccato umano. Così come Egli non condanna ma comprende, perdona e salva; così l’accoglienza della grazia ricevuta con la remissione dei peccati apre una nuova vita eterna alla prospettiva esistenziale deteriorata della peccatrice.
Ecco perché questo Anno della Misericordia inizia di fatto adesso che si è concluso, ed è un percorso nel quale l’impegno della fede di ciascuno deve diventare opera di comprensione cristiana e non di condanna del prossimo, cammino di carità e non di odio, atteggiamento di apertura e non di chiusura tra gli esseri umani.
È in siffatta logica che va meditata anche la dura condanna ribadita dell’aborto, un peccato mortale che comunque può essere rimesso, e la centralità dei poveri, di cui si celebrerà una giornata specifica del calendario ecclesiastico.
Il carattere spirituale della misericordia è evidente tuttavia solo se si considera il dato filosofico iniziale secondo il quale Dio non è l’uomo, che la perfezione eterna non è la caducità della nostra vita temporale, che il mondo non presenta in sé i tratti del sacro e del divino. Dio ha voluto, partendo da ciò, levare in alto la creazione oltre sé stessa attraverso la sua misericordia, e ha voluto trasformare il genere umano in un nuovo popolo di figli di Dio: un’appartenenza trascendente offerta dalla fede e resa possibile in modo immanente a tutti appunto dalla grazia e dalla misericordia divina.
Francesco indica così due obiettivi pratici che devono costituire la ‘cultura’ stessa della nuova evangelizzazione. Il primo è la messa in atto della misericordia ricevuta da Dio con la pratica del bene tra gli esseri umani. In tal modo acquisisce il suo senso teologico corretto l’accoglienza non come soluzione politica ma come atteggiamento spirituale e concreto di comprensione, gioia e speranza in comune. In secondo luogo la pratica della Confessione quale sacramento di Riconciliazione personale che esprime il massimo vertice della misericordia divina affidata al servizio sacerdotale.
La Chiesa, come spiegava un Egidio Romano nel XIV secolo, è collegamento tra Dio e l’uomo, tra Creatore e creatura, ed è segno visibile dell’amore di Dio: un ponte levatoio che solleva soprannaturalmente la miseria umana mediante la remissione dei peccati. Perciò una Chiesa misericordiosa è sempre una Chiesa che vive e pratica la Confessione.
Infine un cenno ai luoghi specifici della misericordia: la famiglia, nella quale viene laicamente vissuta la condivisione, la trasmissione della vita e dell’affetto, l’azione quotidiana dell’educazione e dell’umiltà; e la morte, la quale, con la sofferenza e il dolore, sembra un’esperienza che paralizza ogni possibilità, ma nella quale invece Dio si offre come salvezza, promessa e speranza di vita eterna.
Viene di osservare, in conclusione, quanta profondità dottrinale si nasconda dietro un Magistero così apparentemente semplice come quello di Francesco, e quanta carica di spiritualità e di fedeltà venga testimoniata e resa presente mediante la comprensione teologica della virtù della misericordia.