L’autorevole Economist, a suo tempo beniamino degli antiberlusconiani, questa volta è andato contro corrente rispetto ad un establishment politico, finanziario, imprenditoriale e giornalistico schierato pancia a terra con Matteo Renzi nel voto del 4 dicembre. Eppure il settimanale coglie, a mio avviso, la questione vera della sfida aperta che in Italia ci ostiniamo a sottovalutare. La legge elettorale è fatta apposta per mandare al potere e lasciarcelo per 5 anni il partito che vince le elezioni, il quale avrà a disposizione una legge fondamentale dello Stato privata di importanti garanzie rivolte a limitare quel potere. E’ in tale contesto che l’Economist ricorda a noi italiani che “un solo uomo al comando” è un pericolo in un Paese che ha avuto Mussolini e che domani potrebbe avere Grillo. Il settimanale inserisce anche Silvio Berlusconi nella lista dei cattivi. Si potrebbe discutere di questo paragone con il Cav. Ma del resto l’Economist non poteva smentire se stesso.
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Si guarda alla prossima consultazione referendaria come se fosse un’anteprima delle elezioni politiche. Ma non è così. Anche se Renzi vincesse il 4 dicembre, il destino del Paese, grazie al “combinato disposto” è segnato. Diventeremo dei sudditi del comico genovese. A meno che non si mettano di mezzo manovre oscure di sputtanamento del M5S, a cui si prestino, benevoli, le solite procure. Ma se così avvenisse, non sarebbe come chiamare i carabinieri?
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Voterò convinto per il No. Ma comincio a credere che vincerà il Sì. Al di là di piccole minoranze che ne fanno un problema di contenuti, il fronte del No raccoglie coloro che vogliono votare comunque contro questo Governo. E costoro non costituiscono la più forte tra le due minoranze che andranno alle urne. Matteo Renzi, paradossalmente, è riuscito nell’intento di sfilare agli avversari l’arma dell’antipolitica che alla fine sarà il jolly vincente. Chi vota con la pancia traccerà la croce sul Sì.
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Che la Commissione Antimafia chieda gli atti sulle dichiarazioni di Vincenzo De Luca sembra un episodio della lotta personale tra la sua presidente e il Governatore campano. Se mai ci dovesse essere voto di scambio il responsabile sarebbe il Governo, ovvero l’organo che ha stanziato per la Campania l’ammontare di risorse decantato da De Luca.
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Si guarda alla prossima consultazione referendaria come se fosse un’anteprima delle elezioni politiche. Ma non è così. Anche se Renzi vincesse il 4 dicembre, il destino del Paese, grazie al “combinato disposto” è segnato. Diventeremo dei sudditi del comico genovese. A meno che non si mettano di mezzo manovre oscure di sputtanamento del M5S, a cui si prestino, benevoli, le solite procure. Ma se così avvenisse, non sarebbe come chiamare i carabinieri?
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Zitti zitti, piano piano, alla Camera, nella legge di Bilancio, stanno massacrando la riforma Fornero delle pensioni. Non farebbe meglio ad occuparsi di questo scempio, la Ue, invece di darsi pensiero per destino del giovane caudillo?
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In una recente trasmissione televisiva è stata rilanciata la tesi che Giovanni Paolo I sia stato ucciso dopo 33 giorni di Pontificato mediante un veleno che non lascia tracce. Si sostiene, infatti, che Papa Luciani volesse smantellare gli affari e i rapporti finanziari delle istituzioni ecclesiastiche e che per questi motivi sia stato assassinato. Quasi certamente si tratta di fantapolitica; ma Papa Francesco, che è persona prudente, continua a vivere e a dormire in albergo.