«La mia (futura) assenza è motivata dalla personale necessità di conoscere vicende e fatti contestati». Con queste parole, il sindaco di Milano Giuseppe Sala si è autosospeso dopo aver ricevuto la notizia di essere indagato nell’inchiesta sulla “piastra Expo“ – l’appalto più rilevante dell’Esposizione universale per i lavori di preparazione dell’area su cui sono sorti i padiglioni di Expo 2015 – per falso ideologico e materiale su una data falsificata nei verbali.
LO SCONTRO TRA ALFREDO ROBLEDO ED EDMONDO BRUTI LIBERATI
La conduzione dell’inchiesta Piastra – sottolinea la Repubblica – “ha registrato opinioni diverse, interpretazioni e spaccature dentro il Tribunale”. È proprio sulle intercettazioni che coinvolgevano Sala. scrive Emilio Randacio di Repubblica, che l’ex procuratore Edmondo Bruti Liberati ha di fatto estromesso l’ex aggiunto, Alfredo Robledo dall’indagine (poi trasferito a Torino dal Csm). I tre pm titolari del fascicolo, da quel momento, hanno dovuto relazionarsi con Bruti prima di prendere ogni decisione e, alla fine, hanno optato per una richiesta di archiviazione. Due mesi fa, il gup, Andrea Ghinetti, prima di accoglierla, aveva chiesto alcuni chiarimenti alla procura, ma Isnardi, è intervenuto su richiesta del suo diretto superiore, Alfonso, cambiando le sorti del fascicolo Piastra e del sindaco”.
L’INCHIESTA “PIASTRA EXPO“
Prima di perdere il suo ruolo, Robledo stava indagando dal 2012 proprio sull’inchiesta “piastra Expo“. Secondo il magistrato l’ex procuratore capo lo escluse da alcuni interrogatori strategici impedendogli di svolgere il proprio lavoro. «Dal canto suo – scrive Huffington Post – Bruti Liberati lo accusò di aver intralciato le indagini su Expo commissionando il “doppio pedinamento” di un indagato. Circostanza, questa, totalmente smentita dalla Guardia di Finanza che materialmente si occupò delle indagini. Ma che contribuì a creare forti sospetti e una pericolosa ansia».
«UNA BOMBA PER IL PALAZZACCIO»
«È una bomba per il Palazzaccio», riportava Lettera 43 più di un mese fa. «È un bomba perché in fondo sconfessa tre anni di gestione proprio di Bruti Liberati, l’ex leader di Magistratura Democratica, portando a galla una nuova verità, ovvero che la moratoria delle indagini su Expo c’è stata», scriveva il quotidiano l’11 novembre scorso. «E che sotto quel cappello di omertà si è consumata una campagna elettorale con candidato sindaco del centrosinistra l’ex amministratore delegato proprio di Expo 2015, quel Giuseppe Sala che adesso potrebbe ritrovarsi nei prossimi giorni a spiegare la sua posizione di fronte ai magistrati della procura generale, che hanno ricevuto un altro mese di indagini per fare approfondimenti sulla vicenda».
LA GARA AL RIBASSO VINTA DALLA MANTOVANI SPA
Del resto, alla vigilia dell’inaugurazione di Expo, le indagini della Procura di Milano erano osservate con apprensione anche dal governo. E con giusta ragione. Quella vicenda, infatti, era tutt’altro che conclusa. La “riesumazione” dell’inchiesta ha di fatto aperto nuovi scenari nella storia giudiziaria dell’esposizione universale e il suo appalto principale.
Oggi al centro delle indagini della Procura di Milano, infatti, c’è una gara al ribasso dai contorni anomali, vinta dalla Mantovani Spa, una potente impresa di costruzioni già coinvolta nello scandalo del Mose di Venezia che si era aggiudicata per “soli” 149 milioni (rispetto alla base d’asta di 272 milioni) l’appalto per la realizzazione delle principali opere tecniche di Expo 2015.
LE PRESSIONI SULLA FINE DEI LAVORI
Secondo la Procura, Expo pressata dall’ansia di non arrivare in tempo alla fine dei lavori, avrebbe scelto di non svolgere la verifica di congruità sul maxiribasso del 42% della Mantovani. «Sala mi rispose che non avevamo tempo per verificare se l’offerta fosse anomala o meno», aveva sostenuto davanti ai pm Antonio Rognoni, ex manager della Infrastrutture Lombarde spa, nel giugno 2014.
IL CLIMA DI RICATTO TRA LE PARTI
Così, secondo i magistrati milanesi, si è creato un clima di ricatto tra le due parti con la Mantovani Spa «che vuole che Expo non sollevi troppe obiezioni e che allo stesso tempo minaccia di non completare i lavori entro il fatidico primo maggio 2015», scrive ancora Huffington Post. L’appalto, insomma, doveva essere assegnato a tutti i costi. «Anche assumendosi il rischio di non svolgere la necessaria “verifica di congruità” nei confronti dell’impresa vincitrice determinando così “un contesto di evidente illegalità”».
IL RUOLO DI SALA NELL’AFFAIRE
In particolare, secondo gli investigatori del Nucleo di Polizia Tributaria, Sala, il 30 maggio 2012 avrebbe deciso di sostituire un componente della commissione aggiudicatrice dell’appalto sulla Piastra a causa di un potenziale profilo di incompatibilità, retrodatando poi il provvedimento di annullamento della nomina al 17 maggio.