La crisi del Pd e di Matteo Renzi -preparatosi all’odierna assemblea nazionale del partito col proposito di “ripartire” dopo la clamorosa sconfitta referendaria sulla riforma costituzionale e le dimissioni da presidente del Consiglio, ma pur sempre sotto attacco per l’oggettivo rafforzamento dei suoi avversari interni- impallidisce di fronte alle difficoltà e al caos del maggiore partito antagonista.
Mi riferisco naturalmente al movimento delle 5 stelle, non più controllato neppure da Beppe Grillo se è stato il giovane Davide Casaleggio, figlio del cofondatore e compianto Gianroberto, ad avere imposto, secondo molte cronache giornalistiche, la paradossale situazione in cui si trova la sindaca di Roma Virginia Raggi. Che tutti, ma proprio tutti i giornali, non certamente colti da un comune colpo di sole fuori stagione, e anche fuori orario, visto che i quotidiani si chiudono di sera e si stampano di notte, hanno dato per “commissariata”. Il che dovrebbe significare, a rigor di logica, che è commissariato anche il Campidoglio.
Oltre che politicamente pasticciati e velleitari, con le loro proposte a finanziare le quali non ce la farebbe nessuna Zecca del mondo, questi grillini –se il comico genovese non si offende a sentirli chiamare ancora così- sono un po’ anche “golpisti”, e forse neppure un po’ ma tanto. E ve ne spiego subito le ragioni.
Da che mondo è mondo, o da che legge è legge, a commissariare un sindaco o un Comune, come preferite, è in pratica il governo, su proposta del prefetto, nominando appunto un commissario, anche se la procedura prevede ad un certo punto persino la partecipazione del presidente della Repubblica alla firma degli atti.
Invece il commissariamento in forza del quale la sindaca Raggi, su ordine del suo partito, ha dovuto licenziare il vice sindaco Daniele Frongia e il capo della propria segreteria Salvatore Romeo, dopo l’incidente occorsole con l’arresto del capo del personale Raffaele Marra, è stato deciso e annunciato dopo un summit di partito.
A questo punto, senza volere entrare nel merito dell’arresto di Marra, avvenuto peraltro per fatti commessi prima che cominciasse la sua collaborazione con la Raggi, anche se sembrano in arrivo contestazioni pure per eventi successivi, vorrei chiedere alle signore Autorità politiche e giudiziarie di questa povera Italia se la vicenda del cosiddetto commissariamento abbia solo aspetti politici e non anche di altro tipo.
In questo nostro purtroppo non felice paese ad ognuno di noi può capitare di finire in galera o di ricevere un avviso di garanzia, con l’obbligo oneroso di farsi assistere da un avvocato, per molto meno di quello che la Raggi ha compiuto o ha accettato di compiere su richiesta del suo partito. Di cui peraltro, ripeto, non si sa neppure chi sia più o di più il capo. La rimozione di un vice sindaco e di un capo della segreteria personale vi sembrano cose da poco? Vi sembrano giochi? Vi sembrano scemenze? Vi sembrano questioni irrilevanti, di fronte alle quali il capo della Procura, o un suo sostituto, o il prefetto che per legge deve vigilare sull’amministrazione comunale, può voltare la faccia dall’altra parte e fingere di non vedere, di non sentire e di non capire? A me francamente non pare. E sarebbe il colmo, ma proprio il colmo, che mi permetto di segnalare cautelativamente all’illustrissimo signor presidente della Repubblica, nonché del Consiglio Superiore della Magistratura, se per avere avuto un dubbio di questo tipo dovessi procurarmi, e procurare al direttore responsabile di questa bella testata, l’amico Michele Arnese, una qualche noia giudiziaria. Sarebbe il colmo dei colmi.
La politica ha le sue regole e ancor più le sue consuetudini, che sono parecchie e spesso molto curiose, a dir poco, ma anche queste debbono avere un limite. Qui si sta parlando e scrivendo, senza che nessuno sia finora intervenuto, di sindaca –ripeto- “commissariata”. Se tutti i giornali sono impazziti, tutti dovrebbero finire nei guai, senza alcuna eccezione. O no? E non dovrebbero invece averne, di guai, quelli che hanno prodotto gli eventi? Quelli cioè che, secondo le cronache, hanno imposto e ottenuto da una sindaca regolarmente eletta dai cittadini, ai quali solo deve rispondere, o deve rispondere prima ancora che al suo partito, decisioni di una certa rilevanza per l’amministrazione della città. Che peraltro non è l’ultima di questo paese o di questa terra, essendo la Capitale d’Italia, e del Cristianesimo.
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Da vecchio cronista e osservatore politico sono francamente sconcertato. Più ancora di Marco Travaglio, che ha finalmente scoperto di vivere non in un Paese ma in un manicomio gestito non da psichiatri ma dai matti. Eppure Travaglio non si è per niente scandalizzato del “commissariamento” della sindaca di Roma, e quindi anche di Roma stessa, compiacendosi anzi del “processo” condotto contro la Raggi dal partito di Grillo o Casaleggio, o di entrambi. E si è invece scandalizzato per la “difesa” che il Pd ha fatto di Beppe Sala, indagato per l’Expo e autosospesosi da sindaco con una decisione interpretata come una sfida, o addirittura un’intimidazione alla magistratura che ha osato contestare l’archiviazione chiesta dai primi inquirenti.
Ora, si può pure dissentire dall’autosospensione, come ha fatto anche il capo dell’Autorità anticorruzione, il magistrato Raffaele Cantone, considerandola sproporzionata alla vicenda. Si può anche contestare, in buona o cattiva fede, al sindaco di Milano di poter danneggiare la sua città con questo gesto, anche se l’amministrazione è garantita a tutti gli effetti dalla vice sindaca. Ma accusare il sindaco di avere voluto praticamente provocare o intimidire la magistratura che osa indagarlo, mi sembra veramente eccessivo. E se quel gesto indurrà i magistrati ad accelerare i tempi del loro lavoro per venire a capo delle indagini, ancora più meritevole sarà il sindaco per averlo fatto. Spiace solo che non tutti gli indagati abbiano questo modo per vedere amministrare la giustizia in tempi bevi, non necessariamente incompatibili, come sostengono certi difensori d’ufficio delle toghe, con la serietà degli accertamenti e delle valutazioni.
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Per tornare ai grillini e chiudere con loro, leggendo le cronache dei colleghi specialisti del movimento 5 stelle vi assicuro che non ce l’ho fatta a tenere il conto delle “anime” o correnti in cui sono o sembrano divisi. Eppure di partiti e di correnti ho una certa esperienza. Montanelli –che era appunto Montanelli- mi considerava un “eurologo” per come sapevo contare e descrivere le correnti della Dc, il cui Consiglio Nazionale si riuniva appunto nella sede dell’Eur. Erano tante, quelle correnti, e sempre in ebollizione, con persone che si spostavano dall’una all’altra come Tarzan con la compagna o con la scimmia.
Ebbene, alle correnti grilline non riesco ad andare dietro, tanto difficile è distinguerne e catalogarne umori e aspetti. Più che un giornalista, temo che occorra uno psicologo, per cui sinceramente invidio i colleghi che riescono a fare l’uno e l’altro mestiere insieme. Auguri di buon Natale e buon anno a loro, ai loro familiari, ai loro giornali e, naturalmente, ai loro lettori. Che auspico non siano stati anche elettori grillini nelle ultime occasioni, perché ne immagino la delusione, anzi l’allarme.