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Il Corriere della Sera, la Repubblica, il Sole 24 Ore e il nodo delle copie digitali

Di Pietro Di Michele e Bruno Guarini
Franco Moscetti

Continua il subbuglio nelle maggiori case editrici per la vicenda controversa degli abbonamenti digitali frutto anche di campagne aggressive di marketing. Se non si placano le tensioni per le perdite del gruppo Sole 24 Ore, da recenti comunicati del gruppo editoriale quotato in Borsa emergono numeri interessanti anche se messi a confronto con altri dati di sistema. Andiamo con ordine.

I VOLUMI DEL SOLE 24 ORE

Il Sole 24 Ore qualche mese fa ha promosso un proprio audit svolto da un soggetto indipendente (Protiviti) relativo ai dati di diffusione. I risultati dell’audit hanno evidenziato che nel 2015 il 14 per cento della diffusione del quotidiano di via Monte Rosa (375mila copie totali) è fatto di copie in co-marketing, dunque che non hanno generato un ricavo ma che, secondo il gruppo editoriale ora presieduto da Giorgio Fossa, rappresentano un investimento (come si evince da pagina 30 della relazione finanziaria semestrale 2015, si ricorda nel comunicato dello scorso 22 dicembre in cui si legge che “non esiste una policy generale in merito al sostegno alla diffusione, sottoposta all’approvazione del consiglio di amministrazione”). Di questo 14%, il 9% sono copie digitali in comarketing e il 5% sono copie cartacee in comarketing. “Tali copie – si legge nel comunicato del gruppo datato 22 dicembre, il giorno dell’assemblea dei soci – sono state escluse, in ottemperanza alle Regole definite dal Cliente, in quanto risultano vendute in modalità Co-Marketing e non è stato possibile ottenere evidenza, interna alla Società, dell’effettiva consegna delle copie stesse all’utente finale”.

Per il resto, la diffusione del Sole 24 Ore è rappresentata da copie che, singole o multiple, sono pagate, si sottolinea dal gruppo capeggiato dal nuovo amministratore delegato, Franco Moscetti: secondo l’audit, un altro 8 per cento è relativo all’abbinata dell’abbonamento alle banche dati del Sole 24 Ore insieme all’abbonamento del quotidiano (per i quali non erano indicati specificatamente gli importi per l’uno e per l’altra), esplicitazione che invece è avvenuta nel 2016.

LA MISURA RESTRITTIVA

Per un altro 12 per cento, rappresentato da copie multiple pagate con tanto di relativa fattura riscontrata, il gruppo 24 Ore ha voluto applicare – si rimarca nel gruppo controllato da Confindustria – la formula più restrittiva possibile ipotizzata dai nuovi regolamenti Ads, che sono ancora in fase di elaborazione, e che in buona sostanza prevedono una “singolare” retroattività che modifica i precedenti criteri di rilevazione introducendo la norma dell’attivazione prima appunto non richiesta. Tirando le somme, sulla base della diffusione 2015 che Ads deve ancora certificare, solo il 14 per cento è risultato di copie promozionali, pari a circa 50.000 copie. Le altre, pari a circa 323.000, sono tutte vendute dal Sole 24 Ore.

COSA SUCCEDE AL CORRIERE DELLA SERA

E Corriere della Sera e Repubblica? Il Corriere a gennaio 2016 aveva dichiarato una diffusione totale di 407.929 copie carta + digitale, mentre a settembre 2016 ne dichiara 310.437. Ciò significa che dall’inizio dell’anno, in soli 9 mesi, il Corriere ha perso 97.492 copie (92.216 a pari perimetro, ovvero senza contare le copie multiple che a gennaio erano rilevate da Ads e che a settembre sono state sospese da Ads in attesa del nuovo regolamento). Un valore dovuto solo ad un calo di vendite o imposto dalla sospensione della certificazione delle copie multiple?

I NUMERI DI REPUBBLICA

Il calo di Repubblica nel 2016 è più contenuto (passa dalle 290.761 copie totali di gennaio 2016 alle 269.474 di settembre 2016 pari a -21.287 copie che diventano -18.509 senza conteggiare le copie multiple nel frattempo sospese) ma solo perché ha iniziato a “pulire” le copie promozionali ben prima, ovvero da agosto 2015, come dichiarato dal direttore generale della divisione digitale del Gruppo l’Espresso Massimo Russo a settembre 2016 in riferimento alla diffusione delle quotidiani italiani nel mese di luglio: “Le copie singole digitali di Repubblica registrano da questo mese (luglio 2016, ndr) un sensibile calo. Sono giunti a scadenza allineata una serie di abbonamenti, frutto di politiche di marketing aggressive, rivolte anche ai residenti all’estero”. E aggiungeva: “Si tratta di una decisione coerente con la linea sempre tenuta e con quanto fu fatto a suo tempo per le copie cartacee, in ottica di razionalizzazione e trasparenza.” Ciò significa che Repubblica ha iniziato a “pulire” le copie cartacee ben prima, come si vede dai dati Ads: ad agosto 2015 Repubblica dichiarava un totale di 350.169 copie carta + digitale, mentre a settembre 2016 è di 269.474, con un calo di 80.695 copie (-77.254 copie a pari perimetro, senza contare le multiple sospese dalle rilevazioni a partire da aprile 2016).

 

Prima tabella                                         Seconda tabella


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