Si discute in questi giorni di povertà. Le condizioni di precarietà e di indigenza di circa dieci milioni di italiani portano alla ribalta la discussione sui mancati provvedimenti legislativi, a favore di chi è in situazione di gravi difficoltà materiali. Tanti ripetuti appelli si sono spesi per una moltitudine di gente bisognosa, che non hanno ricevuto adeguate risposte, se non addirittura solo silenzio. Una questione che interroga la sensibilità degli uomini di buona volontà, soprattutto di chi ha responsabilità di governo nelle istituzioni, in primis i cattolici in politica, a dire il vero sempre più rari.
Non rare, invece, sono la richieste di sostegno ai più deboli gridate ripetutamente da Papa Francesco, che vanno raccolte con generosità, perché si tratta di aiutare fratelli in difficoltà. Le parole del Pontefice sollecitano le coscienze dei più fortunati ad aiutare coloro che hanno poco o niente addirittura. Bisogna che ci sia una forte scossa nell’animo di chi ricopre responsabilità operative nelle istituzioni pubbliche, perché le provvidenze promesse vengano assegnate secondo i criteri di necessità e bisogno. I canali di assistenza stanno esaurendosi, non a caso l’altissimo numero di persone che si rivolge ogni giorno alle organizzazioni di carità, per ottenere un piatto caldo, un posto per dormire, o un contributo per pagare qualche spesa immediata e non prevista, lo testimonia. Il quadro fosco che emerge non consente rinvii.
Due le strade per limitare le grossissime difficoltà. L’impegno di singoli, associazioni, enti, istituzioni per aiutare le esigenze più impellenti delle Caritas e dei vari centri di assistenza. L’altro percorso non può che essere l’azione delle istituzioni in maniera determinata e rapida. C’erano una volta gli “enti comunali di assistenza”, che si occupavano di sostenere e alleviare le sofferenze morali e materiali delle famiglie più disgraziate. Scomparvero non si sa perché dalla sera alla mattina e con questi svanirono nel nulla anche i famosi enti di beneficenza, sostituiti da istituti neonati. Il caos che n’è derivato negli anni successivi ha portato al blocco di assistenza e beneficenza. Il credere che la società dell’opulenza negli anni ’80 cancellasse la povertà, e che fosse ormai una condizione del passato fu un errore madornale, lo dimostra il fatto che oggi ci s’interroga come costruire forme di aiuto per chi non è in condizione di procurare cibo ai propri figli o di fare mille salti mortali per trovare un letto. E’ così, nonostante il benessere raggiunto dalla società del nostro del tempo. Non ci sono più gli enti locali di assistenza, non si sa se i vecchi istituti per assistere i poveri ci sono, il welfare state è saltato, e allora? I poveri abbandonati al proprio triste destino. Chi opera in politica dovrebbe avere comportamenti più responsabili e immediati di fronte a questo quotidiano dramma dell’umanità.
Papa Paolo VI diceva che “la politica è la più alta forma di carità”. Allora, assumendo come riferimento alto le parole di Paolo VI, i cattolici che sono in Parlamento e al governo, e non solo loro, si adoperino per accelerare i provvedimenti sulla condizione dei poveri. E’ opportuno agire concretamente con gli strumenti della legislazione d’urgenza perché ci sia più giustizia sociale e bene comune. Il governo, la classe politica, cattolici e laici, agiscano con decisione per limitare la veloce corsa verso la povertà, predisponendo adeguate e idonee politiche popolari.