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Metalmeccanici, cosa fare dopo il rinnovo del contratto

def, Rocco Palombella

È bene sottolinearlo ancora una volta: il voto dei lavoratori ha espresso un alto apprezzamento per il lavoro svolto dal sindacato metalmeccanico nella risoluzione della vertenza per il rinnovo del Contratto nazionale di categoria.

Lipotesi di rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici, siglato dai sindacati il 26 novembre e sottoposto al referendum tra i lavoratori dal 19 al 21 dicembre, è stata approvata con l80,1% dei voti a favore. Le aziende interessate sono 5.986, per un totale di 678.328 dipendenti. Hanno votato 350.749 lavoratori (pari al 63,27% dei presenti nei giorni di votazione): di questi 276.627 (80,11%) hanno votato a favore e 68.695 (19,89%) contro. Le schede bianche sono state 3.836 e le nulle 1.591.

Pertanto la Commissione elettorale designata da Fim, Fiom e Uilm ha certificato che la consultazione ha dato esito positivo e che il contratto collettivo nazionale di lavoro di Federmeccanica-Assistal è pienamente applicabile per tutti i lavoratori della categoria. Si è trattato di una consultazione che ha visto, quindi, il coinvolgimento di migliaia di lavoratori. Il contratto è stato apprezzato e condiviso sia dalle nostre strutture sia dalla stragrande maggioranza dei lavoratori. Abbiamo rinnovato un contratto diverso dagli altri ed è questa la sfida che abbiamo voluto lanciare. Abbiamo rivitalizzato il ruolo del Ccnl, abbiamo difeso i due livelli di contrattazione, abbiamo garantito a tutti il salario legato al 100% dell’ inflazione, abbiamo migliorato il sistema di welfare contrattuale con i fondi “métaSalute” e “Cometa”, abbiamo sperimentato una forma di incremento salariale detassato legato ai “flexible benefits” (il carrello della spesa, ndr), oltre a importanti interventi sulla formazione continua, sul diritto allo studio, sulla modifica agli inquadramenti professionali e sulla salute e sicurezza. Insomma, abbiamo rinnovato un grande contratto uguale per tutti.

Alla nostra Conferenza d’organizzazione, che svolgeremo a Pesaro dal 21 al 22 febbraio, avremo modo di dibattere ancor di più sul valore della conquista contrattuale, ma anche su tanti temi politico-sociali che stanno caratterizzando la fase contingente. Quello appena trascorso, per esempio, è stato l’anno della Brexit e dell’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Due eventi di importanza storica che esprimono le stesse paure nei confronti della globalizzazione da parte delle classi medie e medio-basse, che più di tutte si sentono minacciate dalla paura. Una reazione che spinge sostanzialmente verso la stessa direzione, di cercare la salvezza in una dimensione di tipo nazionalistico. Un messaggio che non può che produrre un arretramento generale dell’economia mondiale con un parallelo aumento delle tensioni politiche e militari. Siamo ancora in tempo, però, per fornire al sistema economico che ci riguarda degli incentivi e delle correzioni utili a tutelare i lavoratori più colpiti dalla crisi e per garantire l’intero sistema nella prospettiva a medio termine.

In tal senso, è convincente il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda quando si preoccupa di preservare il nostro sistema economico da attacchi esterni. “Dobbiamo ricostruire – scrive il ministro – una rete fatta di grandi aziende, pubbliche e private, e di istituzioni finanziarie capaci di muoversi all’occorrenza in modo coordinato, tra di loro e insieme al governo. Questo non vuol dire limitare gli spazi di mercato, ma essere in grado di reagire quando viene distorto o manipolato, anche con regole scritte ad hoc, per indebolire il nostro tessuto economico. Questo vale anche sul piano del commercio dove concessioni unilaterali e debolezza nella difesa dei comportamenti scorretti non sono più tollerabili”. Ecco, su questi punti Calenda trova la nostra piena approvazione. Ed è lo stesso per le azioni volte alla tutela dei pezzi più fragili del sistema produttivo contro il dumping sociale e le gare sotto il costo del lavoro; così come per il piano per il lavoro e il welfare di domani, necessario ad affrontare la sfida enorme della quarta rivoluzione industriale.

Non vanno dimenticate le parole espresse nel messaggio di fine anno del presidente della Repubblica. Occorre combattere la disoccupazione e, con essa, la povertà di tante famiglie è un obiettivo da perseguire con decisione. “Questo è il primo orizzonte del bene comune – ha detto Sergio Mattarella –. Abbiamo, tra di noi, fratture da prevenire o da ricomporre. Tra il nord del Paese e un sud che è in affanno. Tra città e aree interne. Tra centri e periferie. Tra occupati e disoccupati. Barriere e difficoltà dividono anche il lavoro maschile da quello femminile, penalizzando, tuttora, le donne. Far crescere la coesione del nostro Paese, vuol dire renderlo più forte. Diseguaglianze, marginalità, insicurezza di alcuni luoghi minano le stesse possibilità di sviluppo. La crescita è in ripresa, ma è debole. Il suo impatto sulla vita di molte persone stenta a essere percepito. Va ristabilito un circuito positivo di fiducia, a partire dai risparmiatori, i cui diritti sono stati tutelati con il recente decreto-legge. Essere comunità di vita significa condividere alcuni valori fondamentali. Questi vanno praticati e testimoniati. Anzitutto da chi ha la responsabilità di rappresentare il popolo, a ogni livello. Non vi sarà rafforzamento della nostra società senza uno sviluppo della coscienza civica e senza una rinnovata etica dei doveri”.

Nella Conferenza d’organizzazione che svolgeremo a Pesaro dobbiamo sforzarci di dare il nostro contributo ideale e d’azione sindacale, perché il nostro Paese, come ha saggiamente sostenuto il presidente Mattarella, “è una comunità di vita” e anche grazie a noi può continuare a esserlo ancora di più, oltre al contributo contrattuale realizzato.



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