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San Giovanni ‘un vole ‘nganni

Basta euro. Sono anni che ce la menano con la moneta unica europea. Che avrebbe dovuto far convergere le economie di paesi completamente diversi, che avrebbe dovuto aumentare il benessere dei cittadini, che avrebbe dovuto renderci un’economia più forte e coesa sul piano globale. Questo euro è fallito, prendiamone atto. Torniamo al fiorino.

Nel 1252 veniva emessa a Firenze, appena trasformatasi in un sistema politico corporativo misto (con un “Podestà” e un “Capitano”), la prima moneta d’oro (24 carati, ossia a titolo 1000: oro puro) del mondo occidentale, che in poco tempo sarebbe diventata la valuta di riferimento negli scambi internazionali in Europa e nell’intero bacino del Mediterraneo.

La costanza del titolo e la garanzia di stabilità espressa nel suo conio (nel retro della moneta era stampata l’effige di San Giovanni Battista, da cui il detto fiorentino “San Giovanni ‘un vole ‘nganni”, che potremmo tradurre con “La figura di San Giovanni che vedete coniata sul retro di questa moneta garantisce che essa non lasci spazio alcuno a frodi o inganni”), ne fecero il vero protagonista della crescita economica e finanziaria di Firenze e della Toscana nei secoli successivi. Quella crescita che avrebbe portato all’invenzione dei titoli di credito, del sistema bancario (il “banco” era il tavolo in marmo sul quale gli agenti di cambio fra valute diverse le sbattevano per verificarne attraverso il suono il grado di autenticità; ovviamente il fiorino era l’unica moneta che non veniva battuta, perché ritenuta al di sopra di ogni sospetto), ma anche a finanziare l’arte, la costruzione di ospedali e orfanotrofi pubblici; che ci ha condotti all’umanesimo, al Rinascimento: le uniche vere, gloriose stagioni dell’italianità.

Abbandoniamo quindi le strutture tecnocratiche, neoliberali e transnazionali che ci hanno costretto alla moneta unica e facciamo un passo indietro, riprendendoci la sovranità monetaria. Ma non alla lira, che in fondo ci ha regalato qualche momento di crescita, ma non così vigorosa come ai tempi del fiorino; che ha permesso al dualismo nord-sud di rimanere inalterato (e pure di aumentare) nel corso di 150 anni di vita, tanto che come minimo servirebbero due lire diverse per il nord e per il sud,  ovviamente da lasciar fluttuare liberamente sul mercato; che a forza di svalutazioni aiutava gli imprenditori ad esportare, ma penalizzava gli italiani che pagavano più care le importazioni; che sempre grazie alle svalutazioni importava inflazione (alla quale oggi non potremmo più riagganciare i salari, visto che anche le sinistre sono d’accordo su questo, facendo quindi perdere potere d’acquisto ai percettori di redditi fissi); che rappresentava un’italietta capace si di vincere qualche campionato del mondo, ma mai di mettere davvero in riga gli odiosi tedeschi, o la perfida Albione.

Già che siamo a decidere, facciamone più d’uno di salti indietro, per tornare all’unica moneta che abbia visto la propria civiltà dominare sul mondo: il fiorino d’oro fiorentino, appunto.

Naturalmente, occorre ripristinare anche i confini dell’epoca, con personale alle frontiere (così abbattiamo anche la disoccupazione) addetto a chiedere “un fiorino!” per l’ingresso. E chi non vuole entrare… resta fuori. E chi non ci garba, lo teniamo fuori noi.

Solo un dettaglio informativo: l’eccezionale forza del fiorino stava nell’assoluta stabilità del suo contenuto aureo, ossia l’impossibilità di variarne il valore, svalutandolo. D’altronde: San Giovanni ‘un vole ‘nganni.

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