Il sito americano Vox ha realizzato un reportage tra gli abitanti di Whitley County, in Kentucky: una contea che ha votato in massa per Donald Trump alle presidenziali e che allo stesso tempo ha fatto segnare secondo le statistiche nazionali i più grandi aumenti di copertura sotto Affordable Care. L’Affordable Care Act (ACA) è la legge sanitaria nazionale, fortemente voluta da Barack Obama (è più nota come Obamacare), e che Trump ha più volte promesso di smantellare: dunque, perché c’è questa dicotomia? Whitley è un esempio?
AUMENTO DEI COSTI
Sì, argomentando. Il principale dei problemi che hanno portato molti dei cittadini della contea entrati nell’Obamcare a votare Trump è uno dei rilevanti problemi condivisi a livello federale: le polizze sono aumentate. ACA obbliga a chiunque a sottoscrivere un’assicurazione, pena una sanzione amministrativa, e allo stesso tempo impone alle assicurazioni di non respingere nessuno in base a precedenti medico-sanitari o situazione economica. Questo sistema col passare del tempo ha però portato le assicurazioni a livellare al rialzo i prezzi delle polizze, non solo in Kentucky, ma in tutto il paese. Ad ottobre del 2016 l’Office of the Assistent Secretary for Planning and Evaluation aveva diffuso dei dati previsionali per il 2017 che parlavano di un aumento del 22 per cento medio sui premi assicurativi (si somma al 7,5 per cento del 2016); gli aumenti sono essenzialmente dovuto al fatto che gli iscritti sono più malati rispetto alle previsioni, dunque le compagnie hanno affrontato maggiori spese. L’83 per cento dei venti milioni di iscritti all’ACA riceve aiuti governativi che coprono un’aliquota relativa delle spese assicurative, ma il 17 per cento di quelli che non riceve queste forme di sussidio sta subendo un rialzo importante. La situazione potrebbe portare persone sane a lasciare il mercato individuale, ma non potrebbero per via dell’obbligatorietà. Questo dell’impossibilità del libero arbitrio (mi assicuro o no) è uno degli aspetti più contestati dai repubblicani da sempre, unito alla quasi totale ingerenza federale sulla gestione del programma all’interno degli stati. Sintesi del pezzo di Vox: i cittadini che hanno aderito all’Obamcare, stante queste situazioni, hanno scelto di votare per Trump perché “lui è un uomo d’affari e sa come risolvere la situazione”, dicono gli intervistati, i quali non sperano in una rivoluzione ma in interventi mirati sugli aspetti critici della legge.
L’INIZIO DELLO SMANTELLAMENTO
Iniziare a smantellare l’Affordable Care Act è stato il primo atto esecutivo del nuovo presidente degli Stati Uniti. L’ordine, firmato appena dopo la fine della cerimonia inaugurale, più che stravolgere la situazione ha un sapore politico. Non è niente di tangibile e “non fa modifiche” ha detto a all’Huffington Post Larry Levitt, vice presidente della Kaiser Family Foundation, ma manda il messaggio alle agenzie federali che si occupano dei ACA di “unwinding“, cioè rilassarsi dopo un lungo periodo di tensioni; come dire, non vi agitate perché fra un po’ tutto questo non ci sarà più. Non ci sono troppi dettagli sul contenuto della disposizione, ma i media americani parlano di una richiesta di “rinunciare, rinviare, concedere deroghe o ritardare l’attuazione” di tutte quelle norme che impongono oneri fiscali sugli stati, le società o gli individui – l’economista Giulio Sapelli intervistato da Formiche.net l’ha spiegato in modo lampante: “Chiede alle agenzie federali di cercare negli interstizi della legge qualsiasi occasione per diminuirne l’efficacia”. Domenica, Kelyanne Conway, una delle più importanti tra i consiglieri di Trump, ha detto a “Sunday Today” della NBC, che il piano intanto è bloccare le sovvenzioni federali, e spostarli su fondi statali per dare la possibilità di decidere ai singoli stati. L’idea, dice Conway, è che con la nuova riforma “tutti”, “se vorranno”, avranno copertura sanitaria – senza specificare però quale sarà la nuova riforma.
LA POLITICA E LE REGOLE AL CONGRESSO
La scelta di Trump ha valore politico, perché i repubblicani del Congresso condividono con lui la volontà di smantellare la riforma sanitaria studiata da Obama (una delle cose della precedente amministrazione più odiate dal Gop), ma allo stesso momento mette fretta al partito, già in difficoltà con la ricerca di una strategia di azione che si incastri bene con le norme congressuali. Per creare la riforma, l’amministrazione Obama ha impiegato due anni, ed è verosimile che il processo di smantellamento sia se non altrettanto, piuttosto lungo. Per esempio, svuotare i fondi del programma è la strategia politica che va sotto il nome di “voto di conciliazione”, si bloccano i punti del bilancio federale che sovvenzionano i vari aspetti dell’Obamacare, facendolo restare così all’asciutto di soldi e dunque facendone crollare l’intera struttura. È una strategia per certi versi più rapida del voto diretto congressuale (perché non prevede l’ostruzionismo), ma che lascia comunque aperta la domanda: che fare dopo? La maggior parte dei paragrafi dell’ordine firmato tre giorni fa da Trump inizia con un sette parole: “Nella misura massima consentita dalla legge”, e questo significa che il percorso al Congresso è obbligato. Che tutto possa essere guidato a colpi di ordini esecutivi da Trump è piuttosto improbabile d’altronde, anche perché il rischio evidente è che milioni di persone potrebbero trovarsi senza copertura sanitaria immediatamente.
INCASTRI COL DIBATTITO PUBBLICO
Business Insider ha fatto il conto che “post-ACA”, ossia sostituendo il programma, sia controlli come le mammografie sia interventi ambulatoriali come l’impianto dei Mirena IUD subiranno un aumento dei costi (sono entrambi coperti da Obamacare). La questione della prevenzione dei tumori al seno e del controllo delle nascite (su cui i repubblicani sono contrarissimi), si sovrappone al dibattito sulla sostituzione dell’Obamacare, con sullo sfondo la Women’s March di Washington. La manifestazione, organizzata anche come protesta per l’inizio dell’amministrazione Trump, ha visto migliaia di partecipanti ed è stata in parte oggetto della (futile?) discussione che si è creata sul numero delle persone presenti durante l’inaugurazione della presidenza venerdì.