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Cosa dovrebbe fare il Parlamento per la scuola italiana. Parla Suor Anna Monia Alfieri

Seconda parte di un’intervista in tre puntate a Suor Anna Monia Alfieri, firma di Formiche.net ed esperta di politiche scolastiche. La prima puntata è consultabile qui

E in Europa cosa succede? Viene garantita, e nel caso come, la libertà di scelta educativa per le famiglie?

Dal punto di vista giuridico siamo stati molto più rapidi, peccato, però, che a tale riconoscimento non sia ancora seguita una degna attuazione. E’ dal 1948 che la Costituzione Italiana si esprime con chiarezza sui princìpi, ma la famiglia italiana di tali principi attende ancora l’attuazione, unico caso in Europa, insieme alla famiglia greca. Nei Paesi postcomunisti dell’Unione Europea, che vantano i minori tassi di abbandono scolastico, la parità è stata introdotta in modo pieno: Slovenia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia. Non si tratta affatto di una scelta confessionale: solo nei regimi totalitari, quelli che ammettono esclusivamente l’ideologia del partito al potere  inculcata attraverso la scuola di Stato, viene rigorosamente vietato ogni insegnamento diverso da quello statale, e abolita ogni identità culturale ed educativa propria della scuola non statale.

Cos’ha previsto in materia la disciplina europea?

C’è una Risoluzione del 1984 in cui il Parlamento Europeo del 1984 si pronuncia sulla libertà di insegnamento e di istruzione, che “comporta il diritto di aprire una scuola e svolgervi attività didattica”. Per esplicitare: tale libertà deriva dal diritto dei genitori di scegliere per i propri figli, tra diverse scuole equiparabili, una scuola in cui questi ricevano l’istruzione desiderata. Ecco cosa stabilisce sul punto: “Il diritto alla libertà d’insegnamento implica per sua natura l’obbligo per gli Stati membri di rendere possibile l’esercizio di tale diritto anche sotto il profilo finanziario e di accordare alle scuole le sovvenzioni pubbliche necessarie allo svolgimento dei loro compiti, all’adempimento dei loro obblighi in condizioni uguali a quelle di cui beneficiano gli istituti pubblici corrispondenti, senza discriminazione nei confronti degli organizzatori, dei genitori, degli alunni e del personale”.

Cos’altro ha affermato di significativo in tal senso l’Europa?

E’ certamente importante quanto stabilito, sempre dal Parlamento europeo, in un’altra risoluzione, datata 4 ottobre 2012: “L’Assemblea parlamentare richiama che il godimento effettivo del diritto all’educazione è una condizione preliminare necessaria affinché ogni persona possa realizzarsi ed assumere il suo ruolo all’interno della società. Per garantire il diritto fondamentale all’educazione, l’intero sistema educativo deve assicurare l’eguaglianza delle opportunità ed offrire un’educazione di qualità per tutti gli allievi, con la dovuta attenzione non solo di trasmettere il sapere necessario all’inserimento professionale e nella società, ma anche i valori che favoriscono la difesa e la promozione dei diritti fondamentali, la cittadinanza democratica e la coesione sociale. A questo riguardo le autorità pubbliche (lo Stato, le Regioni e gli Enti locali) hanno un ruolo fondamentale e insostituibile che garantiscono in modo particolare attraverso le reti scolastiche che gestiscono (di seguito “scuole pubbliche”). E’ a partire dal diritto all’educazione così inteso che bisogna comprendere il diritto alla libertà di scelta educativa.”

Ritiene che la libertà d’insegnamento nel nostro Paese sia violata?

Proprio così! E si tratta di una violazione gravissima. La libertà dell’insegnamento, quale diritto umano inviolabile tutelato dall’articolo 2 della Costituzione, prima ancora che dal più specifico articolo 33, 1° – per essere veramente tale – deve essere riconosciuta nella sua pienezza. Un vero pluralismo presuppone quindi la valorizzazione della scuola pubblica non statale, assicurando a tutti la possibilità di accedere anche a quest’ultima. Il pluralismo educativo della scuola è il più autentico riflesso della libertà di opinione e della manifestazione del pensiero, che si esprime attraverso differenti progetti educativi. E’ la Costituzione che garantisce, nell’ambito dei principi da essa sanciti, la diversità e dunque la pluralità dei progetti educativi. La garanzia della scuola pubblica non statale, che è contenuta nella Costituzione, ha precisamente questo significato. Lo Stato non deve imporre un unico progetto educativo, ma deve consentire, ed anzi favorire, al suo interno, il pluralismo delle attività formative ed educative.

Perché – a suo modo di vedere – dall’entrata in vigore della Costituzione nel 1948 non è stato fatto quasi nulla sul punto?

L’Italia, pur riconoscendo alla famiglia il diritto alla libertà di scelta educativa in un sistema policentrico, non assicura a tutti il diritto di accedervi. Le ragioni che hanno condotto a questa situazione sono molteplici: alcune storiche che risalgono al Risorgimento e alla contrapposizione tra laici e cattolici. Altre, invece, sono il frutto evidente di un potere incapace di liberarsi dall’ansia dell’elettorato comodo e dalla conta dei voti. Una serie di “favori reciproci” ha impedito il rispetto della giustizia. E si è arrivati a questa aberrazione.

Cosa si attende adesso?

Mi auguro che il Parlamento comprenda ciò che deve fare: dare una svolta alla gestione del sistema scolastico italiano secondo la linea del “costo standard di sostenibilità per allievo”, semplicemente per evitare il default della scuola pubblica italiana tutta, statale e paritaria, tracollo che in caso contrario è certo. E’ una questione culturale.

2/continua


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