Skip to main content

Europa, conti pubblici e spending review. A che punto siamo?

vouluntary bis, Mps, PIER CARLO PADOAN, spending, spending review

La reazione del governo italiano alla richiesta della Commissione Ue all’Italia di ridurre di 3 miliardi il deficit previsto per il corrente 2017 solleva due ovvie domande cui dovrebbe essere possibile dare ovvie risposte.

Le due domande possono essere così riassunte: “Come mai, su una spesa prevista di più di 800 miliardi di euro, è così difficile trovarne tre da tagliare, al punto che si sta vociferando che, anziché tagliare 3 miliardi, si aumenterà la pressione fiscale di ulteriori 3 miliardi?”. E poi: “Come mai il governo italiano non è ancora stato in grado di dare una risposta precisa ad una domanda così semplice (e, aggiungiamo, benevola) della Commissione Ue?”.
La risposta, talmente ovvia che non la si vede o non la si vuol vedere, sta nel fatto che il nostro sistema di contabilità pubblica non produce le informazioni necessarie per dare questa risposta (e, quindi, per governare la spesa pubblica).

Sul versante della spesa la struttura del nostro bilancio pubblico è ancora sostanzialmente articolata secondo la natura di che cosa vado ad acquistare e non secondo la destinazione per cui faccio l’acquisto. In soldoni, la spesa è articolata per l’acquisto di piselli, fagioli, pesce, insalata e non per “fornire mille pasti” ai richiedenti asilo. Quindi la nostra contabilità pubblica mi fornisce informazioni su quanto spendo per gli ortaggi e quanto spendo per la carne, ma non mi fornisce informazioni su quanto spendo per nutrire i richiedenti asilo (né, tanto meno, mi fornisce informazioni attendibili su quanto mi costano i richiedenti asilo).

Questo sistema di contabilità pubblica si è formato nell’800, al momento della nascita dello Stato unitario, e si è consolidato tra le due guerre, in un periodo in cui le funzioni dello Stato erano limitate sostanzialmente alla garanzia della legalità (agli inizi del ‘900 la spesa pubblica rappresentava circa il 5% del Pil). Le funzioni dello Stato sono venute progressivamente sviluppandosi, aggiungendo al tradizionale compito di garanzia della legalità tutta una serie di funzioni nel settore della fornitura di servizi e di gestione di infrastrutture (oggi la spesa pubblica rappresenta circa il 47% del Pil). Questo sviluppo richiede informazioni contabili che il sistema basato sulla “natura della spesa” non è in grado di dare. La necessità di avere informazioni e governare la destinazione della spesa diventa improcrastinabile.

Le strutture dei bilanci pubblici dell’area germanica e anglosassone sono da sempre articolate secondo la destinazione della spesa e non secondo la sua natura. Nel 2001 la Francia, che come tutti i Paesi di cultura latina aveva una contabilità pubblica articolata sulla natura della spesa e non sulla sua destinazione, ha provveduto a una riforma copernicana passando a un bilancio articolato secondo la destinazione della spesa, con la nota Loi Organique sur la Loi des Finances (LOLF).
Per la verità è dal 2011 (Decreto legislativo 91) che anche l’Italia dovrebbe passare a una contabilità pubblica articolata secondo la destinazione della spesa (contabilità per missioni). Ma l’implementazione del D.lgs 91/2011 trova grandi resistenze.

Qui bisogna anche rendersi conto che, sin tanto che avrò dati solo sulla natura della spesa, ogni tentativo di spending review sarà, giocoforza, di tipo lineare, cioè potrà solo avere nel suo mirino le cose che compero e non i servizi che erogo con le cose che compero. Potrò, cioè, ridurre le risorse per l’acquisto di medicinali, ma non potrò tener sotto controllo il costo degli interventi chirurgici.
Quando agli inizi degli anni ’90, insieme ad Harold Wildavsky, aiutai la neonata Repubblica Slovacca a mettere in piedi il suo processo budgetario, ci si chiese di quali informazioni i governanti della Slovacchia avrebbero avuto bisogno. Si decise, ovviamente, di realizzare un sistema che producesse informazioni sulla destinazione della spesa. Ora mi domando se i vari Giarda, Cottarelli e Gutgeld si sono chiesti se il sistema contabile italiano fornisce i dati indispensabili per realizzare una seria spending review.


×

Iscriviti alla newsletter