Francesco Gabbani, il vincitore della 67esima edizione del Festival di Sanremo, è nato nel 1982 in una famiglia proprietaria di un negozio di strumenti musicali. La passione è nata nel cuore quindi, mentre il ritmo gli scorreva nelle vene. Così ha iniziato appena maggiorenne con i Trikobalto. A Carrara, la sua città natale.
Da allora la strada è stata in salita. Molto. E nonostante il talento per il giovanotto non sembrava ci fosse spazio nell’olimpo degli dei della musica. Fino all’anno scorso, quando, con la sua Amen, ha sparigliato la concorrenza ed è arrivato primo nelle Nuove Proposte.
Per tutto l’anno abbiamo cantato il suo tormentone. Poi, l’abbiamo visto nella lista dei big del Carlo III con la sua “Occidentali’s Karma” e nessuno di noi avrebbe scommesso su quel nome per la vittoria. Non fosse altro perché, mai prima d’ora, chi ha trionfato tra i Giovani non è mai riuscito a fare lo stesso tra i Big, a distanza di 12 mesi.
E già qui potremmo applaudire. Poi, potremmo anche aggiungere che è un ragazzo capace, simpatico e dall’intelligenza originale. Ancora, umile e volenteroso. “Ci speravo in fondo al mio cuore e non mi aspettavo di vincere”, ha detto pochi minuti dopo la proclamazione. E ha aggiunto: “Dedico questa vittoria a tutte le persone che mi permettono di essere un’artista oggi”.
Il brano è orecchiabile, divertente, molto radiofonico e ballabile. “Mi sfotto e ironizzo su chi si approccia alle discipline orientali in maniera superficiale, facendone una moda”, ha spiegato.
In verità, non è praticante “ma solo simpatizzante”. E così, con il suo Namasté dopo aver trionfato nel Festival dei record (10.8 milioni di telespettatori per un 50.7 per cento di share) e delle larghe intese (la presenza di Maria De Filippi ha catalizzato l’attenzione rendendo la manifestazione un evento) vola verso Kiev per l’Eurovision Song Contest.