La galassia di Al Qaeda esplode in Africa. Il rapimento di massa avvenuto ieri di centinaia di persone, tra cui anche una quarantina di stranieri e occidentali, che lavoravano nel sito gasiero algerino di In Amenas per mano di un gruppo terroristico islamico si è concluso con un bagno di sangue, con almeno una quarantina di morti, 30 ostaggi e 11 terroristi, secondo i servizi algerini, tra cui il leader del commando, Abou al Bara. Le compagnia petrolifere temono ora che la situazione si complichi ulteriormente, toccando anche i siti petroliferi nigeriani.
“Quella in Algeria è la peggiore tragedia nella storia del petrolio e del gas e un campanello d’allarme per tutte le compagnie, non solo nel Paese direttamente coinvolto ma in tutta la zona di turbolenze dell’Africa e del Medio Oriente”, spiega Luigi Grassia sulla Stampa. “Gli operatori del settore si preparano al peggio e predispongono piani di sgombero; alcuni stanno già portando via in tutto o in parte i loro dipendenti dall’Algeria, così la Total, la Bp, la norvegese Statoil, la spagnola Cepsa. Serpeggia anche l’irritazione per il fallito blitz algerino e per la guerra francese in Mali, due operazioni decise senza dare modo di preparare piani di emergenza agli altri possibili bersagli nella regione”.
Il petrolio e il gas sono risorse essenziali per i governi africani e anche per l’economia dell’Europa e dell’Occidente tutto. Grassia sottolinea che “dal Nord Africa partono le arterie che fanno affluire l’energia fino a noi. L’Algeria da sola fornisce all’Italia il 30% del metano di cui abbiamo bisogno. Ieri la Snam a causa degli eventi in Algeria ha già dovuto tagliare del 17% le importazioni da quel Paese. Gli impianti d’estrazione sparpagliati nel deserto sono avamposti strategici dell’economia europea e difenderli (assieme alle migliaia di chilometri di tubi che partono da lì) è necessario.”
Ma quanto spende l’Algeria per la sicurezza delle risorse? Secondo Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, l’ammontare complessivo è di “mezzo miliardo di euro all’anno. Non è una cifra enorme: e se anche il costo della sicurezza raddoppiasse, si arriverebbe a un miliardo, cioè a uno sforzo più che sostenibile per un ricco Paese produttore”. Quindi, dice l’economista Tabarelli, “una lievitazione dei costi per la sicurezza non provocherebbe un boom dei prezzi del petrolio e del gas”.