E’ l’uomo a cui guarda la sinistra Pd – ormai orfana di Pierluigi Bersani, Massimo D’Alema, Enrico Rossi e Roberto Speranza – per tentare di sottrarre la leadership del Partito Democratico a Matteo Renzi. O, comunque, per cercare di insidiarlo il più possibile. Andrea Orlando si presenta come il vero punto interrogativo nella corsa alla segreteria dem che – oltre a lui e all’ex presidente del Consiglio – vede in campo anche il governatore della Puglia Michele Emiliano e pure Carlotta Salerno (segreteria a Torino del movimento Moderati fondato da Giacomo Portas). Il possibile outsider, l’erede di una tradizione politica che affonda le sue radici nel vecchio Pci. La sua è una candidatura che sta ricevendo sempre più numerosi endorsement.
La vecchia guardia Ds, infatti, si sta schierando quasi totalmente a favore di Orlando, preferito – nella maggior parte dei casi – sia a Renzi (e questa non è una notizia), sia anche ad Emiliano. Quest’ultimo – fino a un paio di settimane fa sul punto di partecipare alla scissione – alla fine ha deciso di rimanere: il consenso che i sondaggi al momento gli accreditano è di poco più elevato rispetto a quello di Orlando. Tuttavia, il ministro della Giustizia continua a incamerare adesioni molto più pesanti di quanto non stia, invece, facendo il presidente della Puglia: una circostanza che, alla fine, potrebbe trasformarsi in voti concreti nel corso delle primarie del Pd che si svolgeranno il prossimo 30 aprile.
Tra gli altri sosterranno Orlando il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, l’ex sfidante di Renzi alle primarie del 2013 Gianni Cuperlo, l’ex tesoriere dei Ds prima e del Pd dopo Ugo Sposetti, l’ex ministro Fabrizio Barca e un uomo di partito pesante come Goffredo Bettini. Negli ultimi giorni la sfida di Orlando è stata benedetta anche da Anna Finocchiaro, attualmente al governo nella veste di ministro per i Rapporti con il Parlamento. Ma si vocifera anche di una possibile e sorprendente adesione da parte di Dario Franceschini. Tra gli ex Ds appoggeranno Renzi Piero Fassino, Maurizio Martina e Matteo Orfini.
Eppure Orlando – intervistato oggi da Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera – ha detto di aspettarsi un consenso non circoscritto alla sinistra del partito: “Ai gazebo avrò un risultato molto migliore che tra gli iscritti. In tanti si sorprenderanno per gli apporti eterogenei che verranno. Chi pensa che io sia il candidato della sinistra del partito si dovrà ricredere. Io sono il candidato che vuole ricostruire un Pd plurale, inclusivo, più amichevole verso la società italiana e gli altri partiti del centrosinistra“. Il ministro della Giustizia ha poi detto no alla richiesta di dimissioni arrivata dalle opposizioni e da qualche esponente della maggioranza a Luca Lotti, indagato nell’ambito dell’inchiesta Consip. Orlando ha anche difeso l’operato del governo Renzi, pur riconoscendone alcuni limiti: “E’ stato un riformismo calato dall’alto. Sono stati trascurati gli interlocutori in grado di sostenerci: ambientalisti, associazioni, mondo della scuola, gli stessi sindacati“. Pregi e difetti palesati pure dall’ex presidente del Consiglio e ora avversario alle prossime primarie: “E’ un leader di grandissima forza e capacità comunicative. Però non è riuscito a costruire una classe dirigente diffusa. E dopo la sconfitta al referendum non si è fermato a riflettere sui gravi segni di scollamento tra il nostro progetto politico e il Paese; si è gettato a capofitto alla ricerca della rivincita“.
Ligure, classe 1969, Orlando ha avuto una tipica carriera da ex Pc: in oltre 25 anni di politica ha ricoperto numerosi ruoli di partito e nelle istituzioni fino agli ultimi incarichi come ministro. All’Ambiente con Enrico Letta e poi alla Giustizia sia con Renzi che con Paolo Gentiloni. Nella sua esperienza ha ricoperto il ruolo di consigliere e assessore nella sua città – La Spezia – e quello di segretario cittadino e provinciale del partito. L’approdo alla politica nazionale arriva nel 2003 quando Fassino lo inserisce all’interno della sua segreteria politica. Nel 2006 viene eletto per la prima volta in Parlamento mentre nel 2011 viene nominato da Bersani commissario del Pd di Napoli.
Ora lo attende la sfida più importante e difficile della sua carriera.