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Una punzecchiata a certi sedicenti oppositori del “politicamente corretto”

L’occasione di parlare di “politicamente corretto” è ghiotta. Ghiotta non tanto e non solo perché permette di analizzare in maniera critica (e possibilmente oppositiva) una tendenza culturale che si insinua in ogni ambito della società inquinando i genuini ingredienti del buon senso, ma anche perché, nella galassia dei suoi oppositori si presenta una varietà piuttosto ampia di contro-proposte che partono da premesse sbagliate. E si sa: se la premessa è sbagliata, sarà sbagliata la considerazione e così la conclusione.

Per questa ragione, trovo più originale distaccarmi da uno scontato attacco al pensiero debole dominante, rivolgendomi piuttosto alle analisi portate da alcuni succitati oppositori i quali, compiendo errori metodologici e di sostanza rischiano così di vanificare un’ottima intenzione.

Il pensiero dominante, mellifluo e annacquato promuove in estrema sostanza gender, eutanasia, cannabis libera e legale e tanto altro, con criteri impositivi tali da creare una dittatura ideologica.

Bene. Anzi, male.

Come rispondono alcuni esponenti sedicenti “reazionari”? Criticando il capitalismo e il mercato, come origine di tutti i mali, fattori scatenanti della teoria del gender e di quant’altro. Ma come può – mi chiedo – uno strumento, un contesto (il mercato) essere causa o anche solo concausa di un’idea malsana imposta e diffusa? Sarebbe più corretto affermare che dello strumento-mercato (o del mezzo-capitalismo) si siano serviti i promotori responsabili di determinate idee dannose. Ma allora questo è un fatto incontrovertibile che riporta necessariamente alla responsabilità personale e individuale, e a come l’uomo utilizza gli strumenti che ha a disposizione.

Imputare al mercato i mali del mondo, o al capitalismo la povertà nel mondo e le disuguaglianze è il classico errore di sostanza in cui cadono puntualmente destra e sinistra (che pensavamo morte, ma evidentemente su qualcosa ancora si ritrovano) in questo paese quando occorre fare analisi e trovare colpevoli. Senza contare che grazie al tanto vituperato mercato questi “intellettuali” vendono libri e vanno ospiti in talk show.

Peccato che – come peraltro scritto autorevolmente da dei Pontefici, inclusi dei santi, in lettere encicliche – mercato e capitalismo siano mezzi straordinari in mano all’uomo e ai governi, ed eventuali distorsioni siano semmai da imputarsi a cattivi governi e cattivi decision makers. Benedetto XVI, in Caritas in Veritate, aveva lanciato un importante allarme: se gli strumenti acquisiscono autonomia morale e divengono fini (da mezzi, quali invece sono), l’uomo diventa un mezzo: di produzione, di consumo, di creazione di risparmio, di sperimentazione tecnologica…

Altro che “tutta colpa della finanza” o “tutta colpa del liberalismo”, vero Fusaro? Mi chiedo quando lor signori abbiano visto il liberalismo davvero in atto in questo paese, visto che veniamo da 40 anni di compromesso storico con il 65% dell’economia in mano pubblica fino al 1992, e successive privatizzazioni fatte male.

Va bene la libertà di opinione, ma mistificare la realtà non è corretto. Come quando, a seguito dell’uscita del recente rapporto di Oxfam, tanti commentatori improvvisati (anche nel mondo cd. cattolico, sempre che questa etichetta abbia ancora un senso) hanno avuto modo di attaccare la concentrazione di ricchezza con statistiche errate e censure dei benefici della globalizzazione.

Nell’ansia di lanciare numeri sconvolgenti, rimangono in ombra gli enormi progressi compiuti nell’epoca della globalizzazione. Tra il 1990 e il 2010, la quota di persone in condizioni di povertà estrema, a livello globale, è crollata dal 43% al 21%. Anche la diseguaglianza tanto vituperata – come sottolineato recentemente da Carlo Stagnaro dell’IBL – si è significativamente ridotta: uno studio di Tomas Hellebrandt e Paolo Mauro ha mostrato che, tra il 2003 e il 2013, l’indice di Corrado Gini (una misura della diseguaglianza di una distribuzione) a livello globale è calato sistematicamente, e continuerà a farlo.

Vogliamo opporci al “politicamente corretto”? Cominciamo a superare certe mistificazioni culturali davvero fastidiose, a questo punto. Rivalutiamo, ad esempio, il capitalismo. Il compianto Michael Novak, recentemente scomparso, ha spiegato per una vita intera come nello strumento-capitalismo assuma rilevanza la nozione classica dell’antropologia cristiana (cara a Giovanni Paolo II) di soggettività creativa della persona umana. Novak ha sempre riflettuto sul fatto che, allo stato attuale, la forma sociale che più di altre garantisce il rispetto della dignità umana, sviluppandone la soggettività creativa, si fonda sulle istituzioni del libero mercato, democratiche e pluralistiche. Forse, è proprio di questo anticonformismo che oggi avvertiamo un disperato bisogno.



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