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Ecco come Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano fa vedere le stelle a Beppe Grillo

Non c’è fede (politica) che tenga, soprattutto se si è agnostici. E allora il risultato delle comunarie di Genova, annullate e rifatte per far vincere il candidato preferito da Beppe Grillo, mostrano non solo una grossa debolezza del Movimento, ma anche che Beppe Grillo non è semplicemente il “garante” o il “capo” dei 5 stelle, bensì un “dittatore”. Sono, in estrema sintesi, le parole scritte da Marco Travaglio nell’editoriale pubblicato sul Fatto di oggi e intitolato “Le Grillarie” in cui il direttore del quotidiano sottolinea come e perché lo strapotere di Beppe Grillo si avvicini più alla dittatura che alla democrazia diretta.

I FATTI DI GENOVA

Lo scorso 14 marzo, Mirka Cassimatis ha vinto le comunarie pentastellate della città di Genova, superando il candidato preferito da Grillo e Casaleggio, Luca Pirondini, arrivato secondo classificato. Una scomunica in piena regola, quella per Cassimatis, (“ho deciso di non concedere l’utilizzo del simbolo alla lista di Genova con candidata sindaco Marika Cassimatis“), giustificata secondo Grillo dagli atteggiamenti e dalle simpatie poco grilline della cinquantatreenne professoressa di geografia (tutti i dettagli nell’articolo di Andrea Picardi).

L’AFFONDO DI TRAVAGLIO

Secondo il direttore del Fatto, però, “non sappiamo esattamente perché Beppe Grillo abbia annullato le ‘comunarie’ online per l’aspirante sindaco a 5Stelle di Genova, dove aveva vinto la candidata che non piaceva a lui e aveva perso il candidato che piaceva a lui. Non possiamo dunque né affermare né escludere che Marika Cassimatis fosse una temibile infiltrata dei dissidenti o dei nemici del Movimento, come fanno capire a mezza bocca Di Maio, Di Battista e gli altri ortodossi che ‘si fidano’ di Grillo sulla parola”. E inoltre “se la candidata che aveva vinto le primarie tra gli iscritti genovesi al blog, poi cancellate per ripetere la consultazione con un solo candidato, il tenore Luca Pirondini, non era ritenuta idonea a rappresentare il Movimento, il garante in capo doveva escluderla prima di chiamare i suoi alle urne telematiche, non dopo”.

UN PROBLEMA DI DEMOCRAZIA

“Nessun partito può dare lezioni di democrazia ai 5 stelle – scrive ancora Travaglio – ma non significa che la questione sia trascurabile: anzi è cruciale per le sue conseguenze sulla democrazia esterna, quella delle nostre istituzioni”. Quanto successo Genova, allora, è per Travaglio non un modo per far rispettare “le regole del Movimento”, ma un vero e proprio “abuso”, in cui le regole, dopo essere state fissate, vengono cambiate a piacimento dal capo politico-dittatore Grillo quando non producono i risultati sperati. Il risultato, scrive Travaglio, è la trasformazione delle comunarie in una farsa, soprattutto se si pensa che il movimento aveva “promesso addirittura la democrazia diretta”.

SELEZIONE DEI CANDIDATI

Il sistema di selezione dei candidati usato quattro anni fa (per le elezioni politiche) dai 5 Stelle, spiega Travaglio, funzionava così: “Gli iscritti al blog potevano votare, nei rispettivi collegi, tra una serie di autocandidati che presentavano un breve video declamando il proprio curriculum e programma. Un sistema pieno di difetti, anzitutto quello di consegnare a poche centinaia o decine di iscritti per ogni collegio la scelta dei futuri rappresentanti di un’enorme platea di elettori (furono 8,5 milioni, alla fine). Ma con un pregio indiscutibile: sottrarre ai fondatori Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio ogni influenza sulle liste e dunque sugli eletti”. Era l’unico modo, dunque, per evitare le ingerenze dei capi politici, ma lasciava le porte aperte a chiunque, dai cittadini di valore ai voltagabbana.

LA BASE SI RESTRINGE

Dopo quattro anni, a votare localmente per la scelta dei candidati sindaci sono sempre meno iscritti al Movimento: come ha denunciato lo stesso Grillo, a Genova hanno votato in 700, e a ben guardare, anche a Roma e Milano le percentuali di voti furono piuttosto basse (a Roma votarono in 3.862 su circa 9500 iscritti, mentre a Milano Patrizia Bedori vinse con 74 voti, salvo poi ritirarsi per le troppe pressioni). “Ora il caso di Genova – scrive Travaglio -, ma anche quello di Monza (dove la vincitrice delle Comunarie con 20 voti su appena 66 elettori si è poi ritirata fra le polemiche), dimostrano platealmente che quel sistema non regge più perché si presta a possibili abusi e scalate dal basso”.

COSA FARE

La soluzione, secondo il direttore del Fatto Quotidiano, non è più tenere in piedi un sistema da correggere, poi, a seconda dei risultati “con abusi e controscalate dall’alto”, ma è “sbaraccarlo e inventarne uno migliore. Possibilmente in tempo per le prossime elezioni”, introducendo, se necessario, “un filtro preventivo dei garanti e di un direttorio allargato, e di lasciare a casa i peggiori”.



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