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Perché serve un’Europa più solidale

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Noi crediamo in un’Europa che cresca e che sia solidale. Su questi due punti cardine deve fondarsi l’unità politica del vecchio continente. In questo senso vanno gli incontri che le confederazioni sindacali hanno tenuto rispettivamente con la segreteria del sindacato europeo, guidato da Luca Visentini, e nel vertice di Palazzo Chigi, alla presenza del premier Paolo Gentiloni.

Un doppio appuntamento realizzato tra mattina e pomeriggio, alla vigilia delle celebrazioni a Roma del Sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma. Una data storica quella del 25 marzo 1957 da cui è scaturito il processo inarrestabile di unificazione europea. La posizione sindacale è univoca rispetto al progetto europeo: “Per un’Europa sociale, crescita sostenibile e lavoro di qualità” è stato il motto che in questi giorni ha caratterizzato le esternazioni delle suddette parti sociali. E’ evidente che l’Unione europea sta vivendo un momento di crisi emerso con vigore dall’esito del referendum inglese che ha determinato la cosiddetta Brexit.

Forte è il rischio del terrorismo che grava in ogni dove, ma soprattutto in Europa come dimostra l’attentato che sul ponte di Westmister a Londra ha provocato cinque morti e 40 feriti, tra cui due italiane. Occorre impegnarsi per favorire coesione sociale ed integrazione. Mai come in questo momento occorre attivarsi a favore di ciò che i lavoratori hanno bisogno, e che le organizzazioni sindacali e della società civile vogliono: una società più equa, più sostenibile, democratica. Insomma, un’Europa solidale! Il rilancio del ruolo dell’Unione europea potrà realizzarsi attraverso la coesione tra i Paesi membri e il rilancio della politica di investimenti. Lo abbiamo già messo in evidenza alla nostra Conferenza di organizzazione tenuta il mese scorso: occorre dotarsi di strumenti solidaristici nei confronti di quei Paesi che hanno un alto debito. Bisogna scoraggiare qualsiasi forma di concorrenza sleale tra un Paese e l’altro, individuando norme di tutela comuni sul mercato del lavoro.

Mentre i leader dei Paesi Ue si sono riuniti il nel Palazzo dei Conservatori, presso il Campidoglio di Roma, un corteo promosso da sindacati ed associazioni sì è mosso da piazza Vittorio al Colosseo a favore di un’Europa veramente unita, democratica e solidale. “Crescono – hanno ben spiegato i manifestanti- sfiducia, paure ed insicurezza sociale. Si moltiplicano razzismi, nazionalismi reazionari, muri, frontiere e fili spinati. Un’altra Europa è necessaria, urgente e possibile e per costruirla dobbiamo agire. Denunciare le politiche che mettono a rischio la sua esistenza, esigere istituzioni democratiche sovranazionali effettivamente espressione di un mandato popolare e dotate di risorse adeguate, il rispetto dei diritti sanciti dalla Carta dei Diritti Fondamentali, difendere ciò che di buono si è costruito, proporre alternative, batterci per realizzarle, anche nel Mediterraneo e oltre i confini dell’Unione. Ci vuole un progetto di unità europea innovativo e coraggioso, per assicurare a tutti e tutte l’unico futuro vivibile, fondato su democrazia e libertà, diritti e uguaglianza, riconoscimento effettivo della dimensione di genere, giustizia sociale e climatica, dignità delle persone e del lavoro, solidarietà e accoglienza, pace e sostenibilità ambientale”.

E’ il giusto antidoto a ciò che anima i movimenti antieuropei che crescono ovunque: in alcuni paesi importanti come Francia e Germania i suddetti movimenti corrono oramai per provare a vincere. L’anno elettorale che abbiamo di fronte riguarda quindi non solo nazioni secondarie ma paesi fondatori dell’Unione. Il primo significativo test in Olanda sembra essersi concluso positivamente con l’affermazione di forze europeiste di diverso orientamento. Ma le ragioni di un crescente distacco e di una crisi profonda nel rapporto tra cittadini ed Europa restano tutte aperte. E permangono le preoccupazioni per gli esiti delle prossime elezioni politiche franco-tedesche. Ecco, perché il tema della crescita e dello sviluppo rimane il punto essenziale per un rilancio europeo. E anche le politiche di sviluppo verso l’esterno e lo stesso tema della migrazione, punta di lancia degli antieuropeisti e degli xenofobi, possano e debbano essere affrontate con diversa determinazione e coraggio.

Per quanto riguarda, poi, il tema specifico dei lavoratori europei, è bene ricordare che proprio loro abbisognano di un reale aumento degli stipendi, perché con l’incremento salariale rivendicato si possono stimolare la crescita economica ed affrontare le disuguaglianze. Migliorando il potere d’acquisto, gli aumenti salariali diventeranno un motore per l’economia, la crescita e l’occupazione. E’ essenziale per portare l’Europa fuori da una crescita molto bassa o inesistente.
Per decenni gli stipendi dei lavoratori non hanno seguito l’evoluzione della produttività. I salari sono scesi rispetto ai profitti, azioni e redditi da capitale. La percentuale di lavoratori dal basso salario è uno scandalo.

Inoltre, il problema del divario salariale persistente tra uomini e donne rimane irrisolto e le differenze salariali tra gli Stati membri dell’Unione europea non sono proprio accettabili. Infine, occorrerà recuperare il “gap” esistente tra le nostre industrie e quelle europee sostenendo i temi della ricerca, dell’innovazione e dello sviluppo dei vari settori produttivi, tutelando nell’ambito del perimetro nazionale i gruppi operanti nel settore della siderurgia, dell’auto della cantieristica, dell’elettrodomestico, dell’industria avanzata. Come sindacati metalmeccanici stiamo lavorando ad un progetto comune su “Lavoro, sviluppo e ammortizzatori sociali”. Si tratta di uno slogan che ben si adatta ai valori europei di cui tanto si avverte il bisogno. Se non si ritrova la coesione sociale su questi principi anche l’Europa continuerà a muoversi in affanno ed in ordine sparso.



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