E se Italia e Stati Uniti avessero (più o meno) gli stessi problemi? Può sembrare fantascienza e invece non lo è, non tutta almeno. Secondo i convenuti all’incontro Tra Usa e Italia, svoltosi questa mattina presso l’Avvocatura dello Stato a Roma e promosso, tra gli altri, da Federmanager e Faabiius (l’associazione amici Stati Uniti, Italia e Israele), su welfare e sanità c’è poco da stare allegri. E non importa che ci si trovi al di qua o al di là dell’Atlantico.
IL FALLIMENTO DELL’OBAMACARE
La prima criticità comune è quella sanitaria. In America si vivono ore di confusione dopo il fallito assalto di Donald Trump all’Obamacare, la riforma voluta dall’ex presidente Barack Obama. Ed è proprio questo il problema secondo Joseph V. Del Raso, presidente della National Italian-American Foundation, l’ente che rappresenta i 20 milioni di italo-americani residenti negli Stati Uniti. “Il problema sanitario esiste, perché Trump non è riuscito a smantellare il sistema messo in piedi da Obama e allora ci si chiede, a quale sistema si va incontro?”. Secondo Del Raso, “fino ad oggi l’Obamacare sembra aver fallito parte della sua missione e questo pone un dilemma. Smantellarlo o no? E, nell’eventualità che ci riesca, quale tipo di sistema avrà l’America?
IL CASO ITALIANO
Domande per il momento ancora senza risposta, un po’ come accade anche qui in Italia. Dove il sistema sanitario sarà sempre più condizionato dal progressivo invecchiamento della popolazione, tra i più elevati (e veloci) al mondo. Un trend, denunciato più volte dalla stessa federazione dei manager, guidata da Stefano Cuzzilla, che proprio poche settimane ha lanciato una serie di proposte (qui l’approfondimento sul tema di Formiche.net), volte ad alleggerire il Servizio sanitario, evitandone il crack. Dunque, a conti fatti, le incertezze sul futuro della sanità legano a doppio filo i due Paesi. Ma non solo quelle.
PENSIONE MA (NON) PER TUTTI
Per Giulio Prosperetti, giudice della Corte Costituzionale, c’è poi un problema di welfare, che accomuna i due Paesi. Quello delle pensioni. Su sponda europea, per esempio, “con l’invecchiamento della popolazione abbiamo un gran bel problema qui. Bisogna capire quando e come si andrà in pensione. Ma penso che serva prima un cambio di approccio culturale. In questo Paese tutti vogliono andare in pensione, mi chiedo se sia sostenibile. Abbiamo un sistema pensionistico poco aggiornato, basato su accordi sindacali degli anni 70”. Negli Stati Uniti il problema è più o meno analogo. Alcune recenti indagini hanno dimostrato come il 30% dei lavoratori americani abbia intenzione di lavorare fino a 80 anni, proprio per assicurarsi la pensione. Con la crisi, infatti, hanno spiegato i relatori, è più difficile trovare lavoro e dunque si inizia più tardi a pagare i contributi. Di qui l’esigenza di rimanere più a lungo a lavoro, con evidenti ricadute sull’ingresso dei giovani nel mercato.
SUSSIDI ALL’OCCUPAZIONE
Un’altra idea, lanciata sempre nel corso del convegno, è quella di invertire la natura dei sussidi alla disoccupazione. “In Italia si chiama indennità, negli Stati Uniti sussidio. Forse è ora di cominciare a capire una cosa. Bisogna trovare il modo di aiutare e sostenere l’occupazione, ovvero la ricerca del lavoro e non la disoccupazione”.