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La Cgil vuole Barca all’Economia e Amato al Quirinale

Scrivi un articolo commentoso sul Pd ridotto a cinghia di trasmissione della Cgil e ti arrivano un paio di telefonate – di persone al di sopra di ogni sospetto – per dirti che non sei stato abbastanza cattivo. Alla conferenza programmatica che si è chiusa sabato – questa la tesi – Susanna Camusso, non ha solo dettato l’agenda a Pier Luigi Bersani (anzi, a ben guardare il Piano per il lavoro della Cgil è stato scritto in modo da rimanere in un cassetto). Il segretario generale del primo sindacato italiano ha semmai indicato al leader del partito che è in testa ai sondaggi elettorali, i nomi per le principali poltrone, se e quando il leader del Pd si ritroverà a Palazzo Chigi.

La questione è quella nota degli inviti alla kermesse cgiellina che si è tenuta all’auditorium dell’Eur. Tutti ne hanno scritto, ma la lettura politica è più complessa di quanto sia emerso dai media. Con l’esclusione di Antonio Ingroia la Cgil ha voluto dare un segnale, ai suoi ”radicali”, Fiom in testa. Addio – questo il messaggio -al sindacato antagonista che flirta con i centri sociali ed è allergico ai tavoli di confronto, per non parlare delle firme sulle intese. L’esclusione di un bel pezzo di sinistra (dentro Rivoluzione Civile c’è rifondazione comunista e un pezzo di Verdi) è anche un pegno portato a Bersani. L’assicurazione che da Corso d’Italia non arriveranno più colpi di testa come quelli che resero ancora più fragile il secondo governo Prodi.

Ancora più significativa la scelta dell’unico ministro invitato. Fabrizio Barca, responsabile della coesione territoriale, alla Cgil piace e lui venerdì ha ricambiato contraddicendo il suo premier, Mario Monti, sul ruolo della Cgil («altro che inaffidabile»). Il sindacato rosso lo vedrebbe bene al ministero dell’Economia (che il Pd vorrebbe però spacchettare) e non con un ruolo di partito, come lui stesso ha annunciato. Magari come leader di un soggetto più ampio del Pd. Ma nemmeno al comune di Roma, candidato sindaco. Altra voce che circola da qualche settimana. Meglio in un ministero chiave, con il compito di riportare la Cgil al centro della concertazione, dalla quale è di fatto esclusa da circa un decennio.

Poi Giuliano Amato. L’invito della Cgil equivale ad una candidatura al Quirinale. Il primo sindacato ha avuto in Giorgio Napolitano un validissimo alleato, soprattutto nella prima fase del governo Monti. Poi i rapporti si sono guastati, perché il primo sindacato italiano non ha messo a frutto la corsia preferenziale che lo stesso premier e il ministro Elsa Fornero gli avevano concesso nei primi mesi dell’esecutivo tecnico.

Susanna Camusso vorrebbe fare il bis con l’ex premier, giurista socialista, dal quale si sentirebbe garantita più che da altri. E in questo caso il messaggio a Bersani è, togliti dalla testa un esilio dorato al Quirinale per Mario Monti. Amato è il candidato giusto.
Infine Nichi Vendola. All’ultimo congresso della Cgil ha raccolto più applausi di tutti. Più di Bersani.

E anche venerdì per il leader di Sel – che nei sondaggi per la verità non va benissimo – ha fatto il pieno di consensi e complimenti. Se il segretario Pd se e quando andrà al governo dovesse andare per la sua strada, scegliere una linea meno ortodossa e moderata, mettere la Cgil sullo stesso piano di Cisl e Uil (e alcune candidature lo farebbero pensare), la Cgil ha già pronto un nuovo referente politico. Da lanciare, forse, al prossimo turno.



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